lunedì 21 ottobre 2013

L'AZIENDA: la crisi, all'improvviso

di Fabio Marcolongo


A Carmignano cʼera una prosperosa azienda nella quale lavoravano i due terzi degli
abitanti del fiorente paese dellʼAlta padovana. Tutto andava a gonfie vele. Operai,
impiegati e dirigenti realizzavano prodotti di alta qualità e li vendevano in tutta Italia,
in Europa e in America. Facevano un sacco di straordinari e potevano mantenere un
alto tenore di vita. Poi, un giorno, arrivò la crisi.
Fortunatamente, i manager della meravigliosa azienda avevano studiato economia
nelle migliori università italiane. Qualcuno aveva fatto anche un master allʼestero!
Quando i giornali e i politici dissero che eravamo in crisi economica, il Consiglio Di
Amministrazione, su pressione dei proprietari dellʼazienda, incaricò questi grandi
dirigenti di fare qualcosa: dovevano mettere in atto le migliori strategie suggerite dai
loro percorsi di studio e dalla loro profonda conoscenza delle leggi dellʼeconomia e
della finanza. Così, essi si chiusero nella sala riunioni per sei giorni e sei notti (il
settimo giorno si riposarono) e ne uscirono con un ambizioso piano di rilancioanticrisi
che prometteva “soluzioni innovative a sostegno del brand e del valore del
made in Italy”: aumentarono i propri stipendi e attivarono la cassa integrazione per i
dipendenti.
Purtroppo, a dispetto delle previsioni la situazione peggiorò: questa entità così
vagamente descritta dalle leggi dellʼeconomia e della finanza insegnate nelle migliori
università italiane (il mercato), si comportò in modo imprevisto rispetto a quanto
immaginato. I manager intascarono i loro sostanziosi “premi economici” e vennero
licenziati dalla proprietà dellʼazienda che, nellʼarco di pochi mesi, fu costretta a
chiudere “baracca e burattini”.

I dipendenti erano disperati: cʼera chi, come Antonio (detto Toni), dichiarato elettore
di centro-destra, iniziò a protestare contro i proprietari dellʼazienda perché avevano
scelto dei dirigenti incapaci. Toni sosteneva che avrebbero dovuto gestire le cose in
modo diverso e attaccava il sindacato che secondo lui non era intervenuto nel modo
giusto; poi cʼera Giuseppe (detto Bepi), dichiarato elettore di centro-sinistra e
rappresentante sindacale, che sosteneva che la rovina del sistema economico era la
logica capitalistica e la debolezza del potere operaio. Bepi e un gruppo di suoi
sostenitori erano in conflitto con Toni che aveva un altro gruppo di colleghi schierato
al suo fianco.
Cʼera anche Giovanni (detto Nani) che veniva sempre preso in giro perché non si
interessava di politica ed era un sognatore, sempre con la testa tra le nuvole.
Poco prima che lʼazienda fallisse Nani era andato a parlare sia a Toni che a Bepi,
suggerendo loro di concordare delle soluzioni alternative a quelle proposte dalla
dirigenza. Ma entrambi lo snobbarono dicendo che avevano dei modi di pensare
troppo diversi per collaborare tra loro (ognuno voleva dimostrare che il suo pensiero
era giusto e quello dellʼaltro era sbagliato); inoltre, proporre qualcosa a dirigenza e
proprietà voleva dire assumersi responsabilità, e questo li spaventava. Nani aveva
replicato che non si fidava di quei manager e se non si assumevano delle
responsabilità loro come dipendenti, probabilmente i problemi si sarebbero aggravati.
Ma ancora una volta la risposta dei due “piccoli leader” fu negativa.
Lʼazienda ha chiuso da un anno.
Toni è stato assunto nella banca dove aveva lavorato suo padre prima della
pensione. La domanda che viene da porsi è: perché la banca ha assunto un
geometra? La risposta è semplice: perché suo padre avanzava un favore dal
direttore della filiale di un paese a pochi chilometri da Carmignano. Tra lʼaltro, questa
distanza diventò un problema per Toni che si sentiva frustrato: tutta quella strada per
andare a lavorare! Per alleviare il suo dolore si comprò lʼiPhone5, lʼiPad con display
Retina e lʼAudi nuova. Questo lo fece stare meglio, almeno per un poʼ.
Bepi, vive da solo in una tenda piantata nel giardino della sua ex-azienda e dichiara
che lʼoccupazione della fabbrica andrà avanti ad oltranza, per rivendicare i suoi diritti
e contestare il capitalismo che sfrutta la classe operaia. Non si è più tagliato la barba
né i capelli, né le unghie dei piedi. É vestito da militare e si vanta di avere un
tatuaggio di Che Guevara nella zona pubica. In questi mesi ha imparato a suonare
discretamente con la chitarra sia “Bella, ciao” che “Bandiera Rossa”. Spesso lo si
sente litigare al cellulare o via skype con il suo acerrimo avversario di sempre, il neobancario
Toni. Anche in questo caso viene da porsi una domanda: come fa Bepi a
mantenersi? Ancora una volta la risposta è semplice: grazie a sua moglie. É vero
amore? Purtroppo no. Lei è una ricca ereditiera che, pochi mesi dopo il matrimonio,
Bepi trovò a letto con lʼamministratore delegato della sua ex-azienda. Da qui il
divorzio e la richiesta alla ricca donna di un cospicuo assegno mensile di
risarcimento (per danni morali). Era un suo diritto.

Tutti gli ex-dipendenti della ex-azienda sono stati assunti da una nuova azienda sorta
a Carmignano. Il proprietario della nuova azienda è un ex-dipendente dellʼex-azienda
che, dopo essere stato licenziato, provò a seguire il suo istinto e il suo sogno: avviare
unʼattività imprenditoriale. Si tratta proprio di Nani, quello che veniva criticato perché
non si fidava dei dirigenti e che non voleva schierarsi con nessuna ideologia politica;
quello che sosteneva che erano i dipendenti a doversi assumere delle responsabilità,
a mettersi in gioco, perché il mercato è imprevedibile, è fatto di persone e di
“relazioni tra le persone” e, lʼeconomia e la finanza se lo dimenticano sempre.
Allʼinizio fu dura: si rivolse alle banche che gli negarono qualsiasi finanziamento
perché non poteva dare loro le garanzie che pretendevano. Provò ad andare anche
alla filiale dove lavorava il suo vecchio collega Toni, sperando di ottenere un minimo
di sostegno da parte sua. Invece Toni lo derise dandogli del “povero sfigato”.
Ma Nani non si arrese. Fissò un incontro con la ex-moglie di Bepi per chiederle un
prestito. Lei era disponibile ad una condizione: il suo nuovo compagno, 
lʼex amministratore delegato della ex-azienda avrebbe dovuto essere assunto. Nani
rifiutò. La ricca ereditiera rimase di stucco. Alla fine, affascinata da tanta tenacia
cedette e finanziò lʼavvio della nuova attività.

Sono passati diversi anni da questi episodi. Lʼazienda di Nani continua ad essere un
successo e ad offrire opportunità a molte persone. Lui è diventato ricco e, quando
può, va in giro a raccontare la sua storia ai giovani, sottolineando il fatto che non
bisogna mai rinunciare alla propria libertà di pensiero e ai propri sogni. Perché
ognuno di noi può sempre fare la scelta giusta: quella di assumersi la responsabilità
per cambiare le cose quando vanno male.

1 commento:

  1. Io credo che chi investe in amministratori preparati in anni di studio, e li coltiva all'interno di una cultura aziendale sana, fa la cosa giusta e dimostra di volere bene alla propria impresa e rispetto ai propri dipendenti.

    Credo anche che a Toni e Bepi dovrebbe aggiungersi anche Gino, che passa il tempo a recriminare sui Social Network, e lo fa perchè questo gli consente di immaginarsi propositivo mentre si assicura di non di mettersi in gioco affrontando di fronte agli altri le responsabilità che derivano dalle proprie opinioni.
    Flavio.

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