domenica 3 marzo 2013

THE GARDEN HOUSE



un racconto di Silva Golin
parte terza

Maurizio Poggi lasciata la casa di Fenella non ci pensò più, fece il viaggio verso casa ascoltando la radio, si preparò per uscire con gli amici, cenò al solito pub e poi via a locali. Ma ad un certo punto come d'incanto gli venne in mente un'esile ragazza di venti anni con le idee chiare, innamorata della natura e con un paio di infradito ai piedi. Le ragazze della sua compagnia invece portavano tutte il tacco dieci. L'istinto naturale verso le sfide lo fece riflettere. Non aveva mai pensato di trasformarsi in un bio-architetto, cioè un organizzatore ecologico dello spazio edificato, ne aveva sentito parlare, era un corso di post-laurea, ma a lui non interessava. Il mondo, le persone, tutti volevano piccoli monolocali per investirci i soldi, oppure richiedevano villette con i più moderni comfort, strutture nuove e avveniristiche, con i muri bianchissimi, e un arredamento spoglio e lineare. Nessuno voleva una casa con stanze dal basso soffitto, parquet naturali o mobili country, belli, pieni di gusto antico ma che richiedevano cure, amore, insomma tempo, magari per sedersi di fronte al caminetto con una tazza di cioccolata calda tra le dita. Forse non era la persona con lo spirito adatto per buttarsi in queste cose, forse ci stava pensando perchè era una novità e a lui piacevano molto le cose nuove. C'era il fatto che se l'incarico non lo avesse preso lui, Fenella lo avrebbe chiesto ad un altro. Perchè quella casa ne aveva un gran bisogno, dal suo rapido esame era palese che gli impianti andavano rifatti, i serramenti pure, il bagno poi era antidiluviano.
Ci dormirò sopra, pensò. E così fece.
Il mattino successivo aveva maturato la decisione di chiedere consiglio al suo capo, erano circa quattro anni che lavorava dall'architetto Magnabosco, era un ambiente abbastanza pacifico se uno ci sapeva fare, ma poteva diventare orribile se venivi preso di mira. Di sprovveduti ne aveva visti molti, come tanti lavori anche quello era come un clan di eletti, di persone che pensavano di essere superiori, che miravano al lusso e al possesso di quote di capitale. Di circa otto architetti lui era il più giovane, i più anziani, non solo disegnavano i progetti ma acquistavano parte degli immobili, in breve erano ricchi, e gareggiavano a chi lo fosse di più. Come era riuscito Maurizio a sopravvivere? Semplicemente grazie alla sua naturale riservatezza. Ancora qualcuno dei suoi colleghi non sapeva da quale famiglia lui provenisse o se era fidanzato. Ogni tanto gli chiedevano se era interessato all'acquisto di qualche appartamento che aveva costruito, ma lui rifiutava. Grazie a questo distacco, alla sua educazione e preparazione professionale aveva mantenuto il posto e guadagnava bene. Lavorava sodo, compreso il sabato e fino a tarda sera se era necessario. Non aveva legato con nessun collega in particolare e se aveva dei dubbi si rivolgeva direttamente al capo. Ed ora era lì, seduto dove soli pochi giorni prima era seduta Fenella. Ricordava le sue mani bianche e affusolate, strette attorno ai manici di quella ridicola borsa di juta, pensava al fastidio che le aveva dato questa ragazza dalla faccia pulita come un angelo, dai capelli sottili di cui non riusciva a calcolare la lunghezza e dalle labbra che avrebbero richiesto almeno un velo di lucidalabbra. Eppure sembrava così a suo agio nell' aspetto scialbo, con i piccoli piedini infilati in quelle misere ciabattine, e il petto che si sollevava rapido ad ogni respiro. L'emozione che aveva sentito era stata di rabbia per la sua palese innocenza, come una ragazza che salta fuori dalle pagine di un vecchio libro. Aveva voluto punirla con la sua serietà, farle capire che doveva darsi una svegliata, il mondo è per i veloci, il mondo è dei belli e delle donne che si prendono cura di se, del loro aspetto.
“Ho poco tempo, che problemi ci sono?”
“Volevo un tuo parere professionale”
“Ti ascolto”
“Una potenziale cliente mi ha chiesto una stima per i lavori di ristrutturazione di una vecchia casa, il posto è molto suggestivo, via Dell'orto, non so se hai presente, ebbene richiede una bioedilizia. Che faccio?”
“Paga?”
“Sì, penso non ci siano problemi in questo senso”
“Dalle quello che vuole. Hai detto che è una casetta? Bene ci lavorerai dopo il lavoro, se hai problemi chiedi consulenze. Ho da darti solo un consiglio, se la cliente vuole una bio-casa solo per motivi futili, ad esempio per farla vedere agli amici o per moda, sii molto chiaro, queste costruzioni sono impegnative da progettare e da viverci, chiaro?”
“Chiaro”
Maurizio uscì dall'ufficio e ritornò alla sua postazione. Più tardi avrebbe telefonato a Fenella, ma non lo fece. Nella via del ritorno a casa si fermò in via Dell'orto.
La casetta era circondata da una aiuola di biancospino e alloro, che aveva bisogno di essere potata, sopra al basso cancelletto d'entrata in legno, l'aiuola formava un arco, non c'era campanello elettrico ma una campanella con batacchio dal suono stridulo. Suonò, nessuno rispose. Maurizio pensò che il suono non poteva essere udito in casa, era troppo distante, specie se Fenella teneva la radio o il televisore a tutto volume, come faceva lui. Ma adesso che ci pensava non aveva visto televisori in nessun posto, gli venne il sospetto che ne fosse sprovvista. Che strana ragazza. Decise di entrare per accertarsi se Fenella era in casa. Il sentiero che portava al portoncino di ingresso era composto da tavolette in pietra con un andamento quasi ad esse, tra le pietre cresceva l'erba rigogliosa a forma di cuore ed erano in parte ricoperte da muschio. Nel giardino crescevano alti quasi mezzo metro i papaveri, altre erbacce e accanto alla casa bocche di leone dai colori cangianti. Tutta questa verzura rigogliosa nutriva, con la sua perdita di foglie un substrato, cosicchè a terra proliferavano molte piantine spontanee infestanti che non lasciavano spoglio nemmeno un centimetro, l'edera e la vite americana strisciavano in ogni direzione e si avviluppavano dove trovavano possibili appigli. Il portoncino d'entrata era una brutta porta anni settanta in legno scrostato. Anche qui niente campanello ma un batacchio che Maurizio sbatacchiò energicamente, senza sentire risposta. Fenella evidentemente non era in casa, Maurizio non pago di questo decise di aspettarla per qualche minuto. Girò lo sguardo, sul lato ovest della casina si vedeva un grande noce e sotto di esso un tavolino in metallo con due sedie di disuguale fattura, si accomodò lì. La sensazione che subito ebbe fu di presenza, di non essere solo, occhietti di animali sconosciuti lo osservavano, il canto degli uccelli era quasi opprimente e la natura sembrava palpitare. Si immaginò serpi striscianti, orbettini e il verde biacco, topolini di campagna, forse qualche tasso. Non lo aveva nemmeno mai visto un tasso. Poi un cigolio richiamò la sua attenzione e vide entrare Fenella dal portone in legno più grande, era in bicicletta e sul cestino teneva un sacchetto marrone di carta, il pane, pensò Maurizio. I loro occhi si incrociarono, le guance di Fenella arrossirono per la sorpresa, Maurizio era un po’ imbarazzato di essersi fatto beccare in stato di relax nel suo giardino incantato.
“Scusi l'intrusione, visto che non c'era ho provato ad attenderla”
“Buongiorno Maurizio. Ripongo la bici e le apro la casa”
“Non si deve scomodare, ma non ci davamo del tu? Possiamo benissimo parlare qui fuori, almeno c'è un alito di vento, oggi ha fatto molto caldo”
“D’accordo”
Fenella si avvicinò e si sedette appoggiando la borsa e il sacchetto nel tavolino. Maurizio si alzò camminando qua e là vicino al noce.
“Io ho riflettuto, la casa ha necessità di essere ristrutturata, e fino a qui ci siamo. Io non sono un esperto di bio-edilizia, ma sono in gamba nel mio lavoro e il mio capo mi ha dato carta bianca. Ti chiedo adesso in modo molto serio se la cifra da spendere e il mio progetto sono un problema per le tue tasche”.
Fenella lo guardava con uno sguardo molto serio, gli occhi castani dilatati e fermi.
Maurizio si appoggiò al tronco del noce con le mani dietro la schiena e aspettò la risposta.
Fenella si alzò e andò verso di lui. Quando fu a un passo da lui alzò il viso per guardarlo in faccia, Maurizio era più alto di lei di venti centimetri.
“Sono un problema, io ho pochissimi risparmi da parte”
Maurizio notò che portava una semplice camicetta senza maniche, bianca, una gonna  fantasia lunga fino alle caviglie e le stupide infradito. Aveva le orecchie piccole e gli occhi limpidi e puri.
La tensione era forte, le mani sembravano aver vita propria, le sue labbra erano più aride che mai, avevano bisogno di essere inumidite e leccate. Lentamente le mani di Maurizio si poggiarono sulle spalle di Fenella, sentì le sue ossa fragili sotto alle dita, era esile come un uccellino. I suoi occhi si fecero più vicini, poi si chiusero nel momento in cui si baciarono. Fu un attimo, un bacio casto e semplice. Si staccarono troppo velocemente e l'incanto svanì. Fenella aveva le gote in fiamme,  si girò per non farsi vedere. Maurizio si passò una mano sui capelli respirando profondamente.
“Ho qui una lettera di mia sorella, vorrei che tu sapessi che si offre di aiutarmi in qualche modo, aspetta che trovo il passaggio”
Fenella si sedette, la testa chinata per leggere, Maurizio alle sue spalle vedeva solo i suoi capelli raccolti, la lunga morbida frangetta e la sommità delle guance che erano rosate.
Fenella teneva in una mano una busta sgualcita e nell'altra un foglio scritto a caratteri minuscoli.
“Ecco dice che l'eredità in Bot del nonno può fare da garanzia per un prestito con la banca, cosa ne pensi?”
Maurizio si destò, lei aspettava una risposta, invece disse:
“Ma ti scrivi con tua sorella, non hai il cellulare?”
“Ma certo, solo che lo tengo per le emergenze, è più bello scrivere, al telefono è troppo frettoloso, e poi una lettera che arriva è sempre emozionante. E se la spedisco è ancora più bello”
“Tu mi farai impazzire, va bene, penso non ci siano problemi, mi metto all'opera per il  preventivo. Vado a casa sono esausto. Ciao, non disturbarti conosco la strada”.
A dire il vero Fenella non si mosse quasi e anche se avesse voluto non sarebbe stata in grado di reggersi sulle gambe, perchè quel bacio le aveva fatte diventare di gelatina. Era talmente sconcertata da credere che non fosse accaduto, non poteva essere accaduto, se lo era forse immaginato?
Rimase seduta fuori finchè le parve di respirare in modo normale, poi rientrò a prepararsi la cena con i pomodori raccolti nell'orto, il pane che aveva acquistato e le ultime mele dell'anno prima.
Quando fu tutto pronto, allestì il solito vassoio, mise un libro sottobraccio e uscì a mangiare sotto il noce. I suoi pasti li consumava quasi sempre lì. Maurizio aveva ragione non possedeva il televisore, il nonno ne aveva avuto uno, piccolo e che funzionava assai male. Dopo la morte del nonno se ne sbarazzò subito. Possedeva una radio e spesso la teneva accesa per avere compagnia. Lentamente il cielo si andava scurendo, e leggere divenne impossibile, quella sera nemmeno Jane Eyre sembrava trasmetterle calma. Fenella fece un ultimo giro nel giardino, controllò il roseto con attenzione, domani mattina doveva eliminare le rose sfiorite, e l'aiuola andava potata e poi doveva innaffiare il prato e alcune bordure. Meglio andare a letto.
Fenella continuava a dormire nella sua camera da bambina, ma era davvero piccola, aveva deciso di trasformala in zona studio, per metterci le cose che in una casa così piccola rimanevano sempre gettate alla rinfusa.
La camera da letto sarebbe divenuta quella del nonno, più spaziosa e silenziosa, la testata del letto rivolta a nord, avrebbe tenuto il letto a una piazza e mezza del nonno, era in legno naturale e non aveva senso sprecare tutte quelle lenzuola dalla misura improbabile. Per terra c'era già un bel parquet dal colore caldo, trattato con oli e cere naturali. Niente quadri ne tende, niente fronzoli, per evitare la polvere, solo il tavolino che c'era giù in salotto per appoggiare gli occhiali da lettura, qualche libro e la brocca dell'acqua e magari un fiore con un rametto di rosmarino per conciliare il sonno. Al balcone della finestra una cassetta con una rigogliosa pianta di basilico per scacciare le zanzare. Naturalmente avrebbe dovuto cambiare materasso e aveva letto su una rivista che la paglia di segale pressata era un'ottima soluzione. Con questi progetti Fenella trovò finalmente riposo.
(CONTINUA)

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