giovedì 13 novembre 2014

TUTTO UN ALTRO CALCIO: STAN CULLIS, IN PANCHINA MA INTEGRO

di Roberto Pivato



Quando l’ambasciatore inglese in Germania, Sir Neville Henderson, comunicò al segretario della Federazione Calcistica inglese, Stanley Rous, la volontà espressa dal Primo Ministro in persona, Arthur Neville Chamberlain, di far fare il saluto nazista ai propri calciatori schierati al centro dell’Olympiastadion di Berlino, qualcuno fece le proprie rimostranze. 
Non fu l’allenatore Tom Whittaker, uno che poi partecipò come pilota dell’aeronautica britannica al D-Day ricevendo anche una medaglia al valore; né il capitano Eddie Hapgood, che pure nella sia autobiografia descriverà quel momento come il più vergognoso della sua vita; né tantomeno il giocatore più rappresentativo della nazionale di Sua Maestà, il celeberrimo Stanley Matthews. Nessuno di loro ebbe il coraggio di rifiutare, o forse semplicemente la percezione di avvallare con quel gesto un regime dittatoriale che già aveva iniziato a mostrare il suo volto più crudele (l’Anschluss austriaca era cosa fresca di due mesi appena), ma che ancora doveva gettare l’Europa e il mondo intero nel baratro della seconda guerra mondiale. 
Soltanto un giocatore inglese non volle alzare il suo braccio destro e stendere la mano ben ferma e aperta di fronte ai 105000 presenti allo stadio, tra cui i gerarchi Hermann Goering, Rudolf Hess e Jospeh Goebbels (il Führer era ancora in visita in Italia a Mussolini): si trattava di Stanley Cullis, l’arcigno difensore del Wolverhampton, nemmeno ventiduenne, alla sua quinta convocazione in nazionale. 
Quel 14 maggio del ’38 “Stan” doveva essere tra gli undici titolari, ma il suo braccio lungo il fianco avrebbe di certo stonato vicino a quelli ben eretti dei suoi compagni. Uno sgarbo che non era il caso di fare al paese ospitante, che sarebbe stato sicuramente interpretato male e avrebbe inclinato i già difficili rapporti col regime di Hitler. Così Cullis finì in panchina, libero di tenere le braccia come più desiderava mentre osservava i suoi compagni vincere piuttosto nettamente 3-6. 


Non dev’essere stato facile per un giovanotto esuberante e ad inizio carriera rinunciare a quel match, amichevole sì, ma comunque di prestigio. Tanto più che il destino gli fece perdere gli anni migliori della sua carriera proprio a causa del conflitto bellico. Le sue presenze con la maglia dell’Inghilterra, alla fine, saranno soltanto dodici, con la soddisfazione però di essere stato il più giovane capitano della nazionale dei Tre Leoni, in occasione dell’ultima gara da lui giocata, in Romania il 24 maggio del ’39. Cullis è poi diventato una leggenda del Wolverhampton, formazione nella quale ha militato praticamente per tutta la carriera, non riuscendo, anche in questo caso beffardamente, a vincere nulla, visti i soventi secondi posti. Se non altro si rifece da allenatore, sempre dei Wanderers. Altri presenti con lui a Berlino quel 14 maggio, anche se col braccio alzato, hanno sicuramente contato di più nel panorama calcistico britannico. 
Stanley, tuttavia, non ha mai dovuto fare i conti con la propria coscienza per quel giorno di primavera poco prima che il mondo cambiasse per sempre.

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