sabato 4 aprile 2015

FARGO

di GP F1


Certo che in America succede proprio di tutto. Per onorare questo tutto, nel 1996 i Coen decidono, con  “Fargo”, di celebrare l’assoluta insensatezza di alcune scelte umane. Fargo è il nome del luogo da cui inizia la fine, da cui scaturisce l’inarrestabile effetto domino che sconvolgerà la vita di tutti i protagonisti. La storia, che inizia con una richiesta quanto mai strampalata da parte di uno dei personaggi, sembra a prima vista irreale ed illogica. Quello che Jerry spietatamente chiede a Gaear e Carl fa scorgere per pochi istanti quanto un uomo possa diventare perfido e meschino per raggiungere il proprio scopo. L’ America del “self-made” man viene sbriciolata in pochi attimi. Non tutti riescono a vivere il loro sogno, non tutti riescono a raggiungerlo grazie ai sacrifici di una vita. C’è chi decide di prendere la scorciatoia, c’è chi è disposto a rischiare, a giocare ad una pericolosissima roulette russa pur di arrivare alla realizzazione di un obbiettivo pur non avendone le capacità. Jerry rappresenta proprio questo genere di persona. 
Il problema è che ad accorgersi dell’insensatezza dei suoi piani non ci sono gli amici di una vita che tentano in tutti i modi di farlo ragionare e di farlo desistere da ciò che ha minuziosamente architettato. Di fronte a lui, al “Kings of Clubs” di Fargo ci sono Gaer e Carl, due spietati sicari. La loro sorpresa alla richiesta di Jerry dura solo pochi attimi. Non c’è più tempo per farsi domande, ora bisogna passare all’azione. Chi è il più matto dei tre? Chi è il più insensato? Chi propone il piano d’azione o chi accetta la proposta? Ma se Gaear e Carl iniziano ad agire, Jerry deve soltanto aspettare l’esito degli eventi ritornando a vivere la vita di tutti i giorni nel concessionario di proprietà del suocero Wade. La routine di Jerry è fatta di clienti da soddisfare il più possibile e di tanti rospi da ingoiare facendo finta di nulla. Tuttavia,  Jerry non si rende conto che il suo futuro, per quanto abbondantemente programmato, rimane incontrollabile e sfuggente. Basta pochissimo per rovinare tutto. Ad ostacolare i suoi propositi, quando tutto sembra andare per il verso giusto, c’è l’ostinazione del suocero Wade, lui sì un vero “self-made” man. Wade rappresenta il tipico uomo che nulla o nessuno possono fermare. Vive nell’agiatezza e niente può scalfire le sue certezze. Lui e Jeffry non si sopportano proprio per nulla. Il loro è un rapporto basato sulla pura e semplice formalità ma la sfiducia che Wade prova nei confronti del genero non è poi così tanto nascosta.  Il problema è che l’errore è sempre dietro l’angolo. 
E così, ciò che doveva essere per Gaear e Carl una pura e semplice formalità, diventa invece un’escalation di sangue e rovina. I due azionano un processo di causa-effetto da cui non si districheranno mai più. Ogni azione non si ripercuote solo su di loro ma anche e soprattutto su chi ha a che fare con loro. Nel loro essere schegge impazzite sono però fedeli al loro ruolo di infallibili sicari senza scrupoli. La loro crudeltà stride con il carattere di Marge, la poliziotta che per prima si mette ad indagare queste morti apparentemente insensate. Marge è molto furba, scaltra nel suo lavoro e molto molto perspicace. Non si lascia coinvolgere più di tanto dalle circostanze e riesce sempre a trovare un nesso, un filo logico a ciò che osserva o sente. Vive tranquillamente in compagnia del marito, è al settimo mese di gravidanza e tutto rientra in uno stile di vita serenamente indirizzato alla normalità più assoluta. Grazie ad uno spirito indomito, riesce ad individuare chi si nasconde dietro ad una storia che diventa per si suoi canoni sempre più cruenta. Ma come è possibile rimanere incollati allo schermo fino alla fine del film se tutto ciò che viene presentato è un inno all’illogicità? La risposta ve la darà la scritta che i Coen hanno voluto intenzionalmente proporre dopo pochi secondi dall’inizio del film. Una frase che, a detta dei due ideatori, si insinua nella nostra capacità di vedere e di accettare scene o concetti che altrimenti non saremo in grado di accettare. Quello che i Coen hanno messo in pellicola non sono altro che una serie di avvenimenti che, per quanto essi siano strani ed inclassificabili, sono accaduti realmente. La storia è quindi un’invenzione basata però su fatti che per quanto confutabili hanno un fondo di verità. 
A fare da contorno a tutto ciò il Minnesota innevato ed il suo inverno glaciale. Il piano sequenza con il quale inizia il film racchiude in sé il senso di perdizione dal quale inesorabilmente prenderà il via tutta la storia. Tutto sembra racchiuso in una gigantesca palla di cristallo, di quelle che si agitano per ricreare l’effetto neve. Se all’inizio tutto sembra sfuocato ed impercettibile, le immagini si fanno via via più nitide, più chiare, più riconoscibili. Come la vera identità di Jerry. 

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