giovedì 12 marzo 2015

TUTTO UN ALTRO CALCIO: SÁNDOR SZŰCS, IL MARTIRE DEL CALCIO UNGHERESE

di Roberto Pivato




Sándor Szűcs (Szolnok, 23/11/21 - Budapest, 04/06/51) era un eccellente difensore dell'Újpest, e prima ancora della squadra del suo paese natale. Giocò con grandi campioni, quali Ferenc Szusza e Gyula Zsengellér, e disputò anche diciannove gare con la nazionale, al fianco di mostri sacri come Ferenc Puskás, József Bozsik, Ferenc Deák, György Sárosi... tutta gente che dette vita al mito dell'Aranycsapat. Lui però nella “Squadra d’oro” non poté giocare. Infatti era stato ammazzato prima, il 4 giugno del '51. In Ungheria il regime comunista sale al potere nel '49, con tutta la sua crudeltà e le sue profonde ingerenze in ogni ambito della vita. Non c’è sfera che sfugga al controllo degli organi del governo di Mátyás Rákosi, il famigerato e spietato segretario del Partito Comunista Ungherese, uno che aveva inventato la “tattica del salame”, cioè l’eliminazione “fetta a fetta” degli oppositori. Ad occuparsi dell’individuazione, della cattura e dell’esecuzione dei dissidenti era l’AVO[1], la temutissima polizia segreta. Szűcs è famoso e sposato con figli. Quando inizia una relazione amorosa con la cantante e attrice Elizabeth Kovacs, nota come Erzsi e pure lei coniugata, la cosa non può sfuggire al regime. E non può essere che condannata da esso. 

Elizabeth Kovacs - Erzsi


Partono le prime minacce che si trasformano ben presto in imperativo: la relazione deve essere troncata. In caso contrario non c’è bisogno di spiegare le conseguenze. Szűcs non è disposto a rinunciare alla sua libertà, alla sua felicità; non può sottomettere i propri sentimenti al volere dispotico dello stato. Così programma la fuga all'estero, a Torino, dove spera di trovare un ingaggio presso la locale squadra di calcio granata. Il piano è quello di attraversare il confine con la Jugoslavia, grazie all’aiuto dei contrabbandieri. È l’unico modo, visto che le frontiere sono rigidamente controllate dalla polizia. 
Il 6 marzo i due innamorati partono. Sándor porta con sé una pistola e le ultime, poche speranze di libertà. Vengono arrestati e subito condotti alla tristemente celebre “Casa del Terrore” dell'AVO. 

La "Casa del terrore" dell'AVO, oggi museo.

Dopo mesi di prigionia e torture arriva la sentenza: condanna a morte per alto tradimento per lui, quattro anni di prigionia e cinque di astensione dall’attività pubblica per lei. Il piano del regime era quello di mostrare agli altri calciatori famosi cosa sarebbe successo loro se avessero tentato di emigrare. Ed è un piano che funzionò, visto che nessun altro tentò la fuga. La morte di Szűcs, avvenuta per impiccagione il 4 giugno 1951, venne tenuta nascosta fino al 1989, anno della caduta del comunismo. La stessa Erzsi, in carcere, non conobbe la sorte dell’innamorato fino al 1954. Tutti avevano dimenticato quel difensore della formazione della polizia della capitale. Quando si seppe la sconcertante verità, tuttavia, Sándor divenne un simbolo di dissidenza e il suo nome, nella nazione magiara, è ancora tristemente legato a quello dell'unico martire del calcio.


[1] L’Államvédelmi Hátósag (letteralmente Autorità per la Protezione dello Stato, abbreviata a volte in AVH) fu attiva dal 1945 al 1956 e aveva il suo quartier generale a Budapest, al 60 di Andrássy út.

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