lunedì 3 maggio 2010

UNA RADIO LIBERA A CARMIGNANO NEGLI ANNI '70


La sede della Radio nel garage di Ceo Pajaro



Alla fine degli anni settanta, tra Carmignano e Fontaniva, nasceva una radio libera che avrebbe tenuto compagnia a moltissimi ascoltatori fino all’inizio del decennio successivo. Siamo andati ad incontrare (Anna Agugiaro) una delle fondatrici e speaker di questa radio che era nota col nome di Radio Riviera Brenta.

Quando e dove nasce Radio Riviera Brenta?
La radio nasce nel 1976 dalla passione e dalla voglia di stare insieme di un giovane gruppo di amici di 16-17 anni. Il nome ovviamente è stato scelto per la nostra collocazione: la riviera del Brenta, per l’appunto. Esisteva anche un adesivo della radio: il ponte sul fiume in giallo e lo sfondo blu. La prima sede è stata il garage di “Ceo Pajaro”: c’era un tavolo con i due piatti per i dischi, il microfono e un registratore. Dalla vetrata si godeva un panorama molto rustico: il prato sul retro del bar e le galline che vi gironzolavano. A noi piaceva, rispecchiava la genuinità della radio e di noi ragazzi. Era tutto molto tranquillo, naturale, amatoriale… casereccio direi. Dopo un paio d’anni il quartier generale si è spostato al di là del ponte, a Fontaniva, a casa di Curzio Zancan, il vero e proprio fondatore e “tecnico” della radio, e qui continua a vivere ancora per due anni circa.
Come funzionavano le trasmissioni della radio? C’erano delle rubriche fisse?
La radio andava in onda tutti i giorni, dal lunedì al sabato. La mattina era Curzio che di solito andava in diretta, oppure metteva una cassetta registrata. Dalle due di pomeriggio iniziavano le rubriche: il radiogiornale, il programma per bambini, l’oroscopo, la trasmissione che si occupava di musica italiana e quella che invece mandava in onda solo canzoni straniere… Io ad esempio mi occupavo del programma per i bambini e dell’oroscopo. A volte ho condotto anche il radiogiornale, il quale, in sostanza, consisteva nel leggere semplicemente le notizie dai quotidiani, ma talvolta al suo interno trovavano spazio anche notizie del borgo, o fatti scherzosi, spesso di presa in giro tra noi speaker. Ogni rubrica durava circa un’ora e andava in onda in un giorno fisso, che di solito era quello in cui lo speaker che se ne occupava non aveva altri impegni. Al massimo, se qualcuno non poteva una volta, veniva sostituito. Era tutto volontariato, nessuno veniva retribuito per ciò che faceva; tutti partecipavano per pura passione, per la voglia di stare insieme e perché era una novità divertente e stimolante. Ciascuno si preparava quello che voleva per la sua ora di trasmissione e andava, in assoluta libertà e seguendo i suoi gusti.
Una radio libera in tutti i sensi insomma…
Assolutamente sì! Non c’era uno specifico indirizzo musicale, ognuno si preparava la sua scaletta, seguendo i suoi gusti personali e senza che nessun altro controllasse prima ciò che sarebbe stato trasmesso. Soltanto una volta fummo costretti ad intervenire per “censurare” un nostro amico che, appassionatissimo di Claudio Baglioni, trasmetteva esclusivamente le sue canzoni. Ma fu un’eccezione. Anche diventare speaker era semplicissimo: bastava chiedere a Curzio il quale ti diceva di prepararti chè il giorno dopo avresti avuto un’ora tutta tua. Nessun provino perciò, la radio era aperta a tutti, più volontari c’erano meglio era, così magari si poteva andare avanti a trasmettere la sera qualche ora in più. Non avevamo vincoli, gestivamo la radio come potevamo, secondo le nostre possibilità e sempre in modo totalmente volontario.
Com’era il rapporto con gli ascoltatori? Avete ricevuto apprezzamenti o critiche particolari?
Abbiamo sempre avuto un bel seguito di pubblico, nonostante non ce l’aspettassimo. Riuscivamo a coprire un raggio di circa 35-40 km con le trasmissioni, perciò ci potevano ascoltare fino al di là di Padova. Una sera, ad esempio, siamo stati invitati a cena, per fare conoscenza, da una famiglia di nostri fan residente in un paese subito dopo Padova. Abbiamo sempre ricevuto molti attestati di stima, non mi ricordo critiche; non abbiamo mai invaso il campo di nessuno e quindi non c’era motivo per cui la radio dovesse spiacere a qualcuno. Inizialmente, quando trasmettevamo da Ceo, non avevamo il telefono, quindi l’unico mezzo attraverso il quale gli ascoltatori potevano mettersi in contatto con noi, fare richieste, o semplicemente complimentarsi con noi, era la lettera. Ce ne arrivavano parecchie, specie di bambini. Col passaggio della sede a casa di Curzio era arrivato anche il telefono e riuscivamo a fare anche programmi in diretta col pubblico che chiamava e faceva le sue dediche. Inoltre, abbiamo organizzato delle feste della radio, che pubblicizzavamo nelle trasmissioni, ma a cui pensavamo di ritrovarci in quattro gatti. Invece ogni volta c’era il pienone. Di solito le feste si svolgevano da Ceo, dove una pasquetta abbiamo addirittura trasmesso in diretta fuori in giardino con tutti i villeggianti intorno, oppure in dei capannoni che ci affittavano. Ma l’evento che forse aveva riscosso maggior successo è stata una gara di ballo che avevamo organizzato a Nove, con primo premio una Cinquecento nuova. Allettati anche dal ricco montepremi, accorsero in moltissimi. Quando fu ora di consegnare coppa e premio alla coppia vincitrice, abbiamo dato loro una banconota nuova di zecca da cinquecento lire. Subito non l’hanno presa benissimo poiché si aspettavano l’auto, ma poi anche loro hanno riso della nostra innocente trovata pubblicitaria per attirare più gente possibile…
Come facevate a sostenervi economicamente?
La radio si manteneva quasi esclusivamente tramite autofinanziamento, che derivava principalmente da queste feste. Poi c’era la pubblicità: gli sponsor comunque erano pochissimi; noi andavamo in giro a cercarne, ma non se ne trovavano molti. La struttura della radio poi, non permetteva di fare chissà che pubblicità: gli “spot” stessi gli ideavamo noi, erano completamente fatti in casa. Un altro modo per fare fondi era organizzare giochi a premio, ma i premi che i negozi ci rifilavano erano per lo più cianfrusaglie orribili che noi stessi ci vergognavamo di mettere in palio. Insomma, non era facile andare avanti, riuscivamo a mala pena a coprire i costi pur essendo tutti volontari.
È per questo motivo che la radio ha chiuso?
Principalmente sì: i costi iniziavano a diventare davvero insostenibili! E poi gli impegni scolastici o lavorativi non ci lasciavano più molto tempo per la nostra passione radiofonica.
Che fine hanno fatto gli speaker di Radio Riviera Brenta?
Sono persone normalissime: chi ha famiglia, chi è restato qui nella zona, chi invece si è trasferito. Nessuno comunque è occupato nel campo radiofonico. La nostra era nata come pura passione, come semplice desiderio di stare fra amici, non è mai stata un lavoro o qualcosa di professionale. La radio era un punto di incontro, come oggi per tanti giovani può essere il bar ad esempio. Spesso ci andavamo anche nei giorni in cui non dovevamo trasmettere, soltanto per stare assieme. Per tutti noi è stata un’esperienza splendida, che ci ha arricchito enormemente, e quando ci ritroviamo ricordiamo sempre con piacere ed allegria, e un po’ di nostalgia, il periodo di Radio Riviera Brenta.

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