mercoledì 1 settembre 2010

DAL FIUME AL MARE




Tocca a Fabio raccontarci la sua frenetica vita tra metropoli e fornelli


Fabio Liguori (per gli amici Bibo) non è proprio un carmignanese (la sua famiglia vive a Grantorto) ma dalla sua adolescenza ha sempre frequentato il nostro paese e molti dei suoi amici vivono qui. Per questo abbiamo voluto intervistarlo per raccontarvi la sua affascinante scelta di vita.
Fabio, puoi presentarti ai lettori che non ti conoscono? Dunque, ho 31 anni e faccio il cuoco. Ho frequentato l’istituto alberghiero e successivamente, a 23 anni, sono andato quasi allo sbaraglio ad imparare il mestiere a Londra per un anno e mezzo. Poi ho lavorato nell’ordine ad Amalfi, Asolo, Bruxelles, Castelfranco, Miami per arrivare oggi a Parigi dove sto ormai da più di un anno e mezzo.
Cosa ci dici di tutti questi posti? Di ogni posto dove sono stato vi potrei parlare di mille ricordi ma mi rendo conto che la descrizione che farei sarebbe troppo legata all’umore ed all’esperienza personali che avevo nel periodo preciso in cui ci sono stato. Se Londra l’ho vissuta con gli occhi spaesati di un giovane ventenne che per la prima volta nella sua vita lascia casa e famiglia per andare a vivere in una metropoli dove dovrà imparare anche solo a strirarsi i pantaloni, oggi a Parigi vi racconterei di un posto visto con gli occhi di una persona adulta che sta lì soprattutto perché ha trovato una buona occasione lavorativa che gli consente di fare esperienza e migliorare il proprio curriculum. A parte questo ogni giorno mi rendo conto di quanto sia bella questa città!
Da dove ha origine questo perpetuo girovagare? Mi sposto perché ho l’opportunità di farlo ed ho ancora tanta voglia di vedere il mondo. Inoltre ogni cambio porta con se un miglioramento della mia condizione lavorativa a partire dall’esperienza maturata di volta in volta: se a Londra pulivo l’insalata, ora, a Parigi la ordino al fruttivendolo e sovrintendo a chi la dovrà pulire.
Sai già quale sarà la tua prossima tappa? No, non lo so. Ma mi basterà deciderlo e trovare una proposta di lavoro allettante e non ci vorrà molto per cambiare ancora. La Spagna ancora mi manca, qualche impiego a Barcellona o Madrid potrebbero stuzzicarmi anche se lì la paga non è molto buona e la vita invece costa. Un altro desiderio che ho è quello di buttarmi in qualche paese emergente come Marocco, Turchia o Libano, paesi in cui è più facile trovare voglia di investire economicamente nel settore da parte di facoltosi stranieri.
Questo stile di vita ti ha arricchito? Economicamente no, soprattutto perché vivendo senza nessuno che ti faccia ragionare sul futuro sperpero parecchio e non mi pongo progetti a lungo termine. Come persona, invece, a 31 anni ho visto così tanti luoghi che pochi riescono a vedere in una vita e grazie a questo ho messo via molta esperienza. Mi ritengo privilegiato grazie alle scelte che ho fatto.
Ti ha invece tolto qualcosa? Non ho costruito legami duraturi con le persone incontrate. Vivo una vita piuttosto libertina anche perché coi miei orari di lavoro è molto difficile incontrare assiduamente persone che fanno altri lavori; se invece incontri ragazze che fanno il tuo stesso lavoro, molto probabilmente possiedono anche la tua stessa indole libertina… In ogni caso io per primo posso dire di non cercarli questi legami duraturi.
Dalla tua posizione come hai visto cambiare in dieci anni i tuoi amici del paese? Ho visto che le responsabilità li portano molto spesso a pensare di più a farsi una vita piuttosto che a crearsene una secondo i loro gusti. Riescono a progettare a lungo termine ma per farlo, spesso, sono costretti a rinunciare a ciò che li potrebbe far stare meglio.
Come sei visto da cuoco italiano all’estero? Solo per essere italiano quando arrivi in un posto parti con dei punti in più grazie alla tradizione culinaria che accompagna il nostro paese ed è per questo che vieni visto in maniera non molto positiva dai colleghi che potrebbero rimetterci. Oltre a ciò è importante dire che, se i datori di lavoro ci vedono di buon occhio, è anche dovuto dal lavorare molto senza chiedere tanto: sappiamo sacrificarci ed adattarci alle situazioni in maniera flessibile.
La cosa più strana che ti è capitato di vedere? Potrei dirtene migliaia! Da uscire una sera per una birra e tornare dopo tre giorni, dal vedere uomini e donne appartarsi dentro celle frigorifere, a fare risotti per 200 persone, o pulire 50 kg di capesante in 3 ore, fino alle nuove tecnologie in cucina che ti permettono di dare il colore che preferisci ai cibi o di scaldare la mozzarella facendola divenire liquida senza che mai diventi filosa grazie ad una sostanza di ultima generazione!

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