giovedì 28 marzo 2013

UNA BAND NATA AL CENTRO



La biografia degli Headless Cross

La storia del gruppo ha avuto inizio con la figura determinante di Gilberto Pecchielan, storico chitarrista della Banda “G. Bovo”, che nel ’91 prende Enrico Baldo (futuro chitarrista degli Headless, unico componente rimasto per tutti i vent’anni di storia della band) ed altri giovani frequentatori del Centro Giovanile e li accompagna con se nella sala prove sotterranea dove fino ad allora provava soltanto la Banda di Carmignano. Lì avvenne l’iniziazione musicale di molti di noi e così l’idea di mettere assieme un complesso. Il primo nucleo comprendeva, oltre ad Enrico: Gianluca Volpato (al basso), Lorenzo Baldo (batteria), Damiano Tessari (chitarra) e Luca Frison (voce). Il primo concerto fu in Sala G al Centro Giovanile ed il pubblico non poteva che essere quello dei ragazzi e delle ragazze della nostra compagnia di amici. Su ispirazione di Gilberto le nostre prime canzoni pescavano dal repertorio italiano anni ’60: “Un ragazzo di strada” dei Corvi, per intenderci. Quando ci venne la voglia di sperimentarci con l’hard-rock fu anche il momento in cui, per motivi differenti, salutammo Lorenzo e Luca. Alla batteria arrivò, e tutt’oggi rimane, Luciano Trento mentre alla voce Ivan che rimase con noi un paio d’anni. Anche il nome del gruppo, fino ad allora “Rock & Roll Rebels” divenne quello attuale con questi assestamenti d’organico. Headless Cross è il titolo di un album dei Black Sabbath, gruppo che riusciva bene a sintetizzare i gusti musicali di tutti i componenti della band.    

Siete il gruppo più longevo tra quelli coinvolti nel concerto del 4 Giugno, ben 20 anni di storia che sembra voler durare ancora a lungo: cosa vi lega a tal punto? Ci piace tanto stare assieme, sia che lo si faccia in sala prove sia fuori. Suonare a volte diventa solo il pretesto per stare assieme a persone con cui si sta bene. Lavoro ed impegni familiari, nel tempo, hanno ridotto la disponibilità oraria di ciascuno, però la voglia di incontrarci riesce a non farci rinunciare ai nostri momenti, anche se ridotti rispetto ad un tempo.
I primi due o tre anni in cui, ventenni, si suonava, c’era il sogno di far diventare la musica la propria vita, poi senza traumi ognuno si è reso conto dell’importanza della band al di la degli obiettivi di successo.
Il posto più strano in cui avete suonato? Ci è capitato di esser stati chiamati a suonare in un posto a San Martino di Lupari un Sabato sera, il Piccadilly, arrivammo lì cogli strumenti per renderci conto che fuori c’era un altro gruppo che aspettava di entrare per suonare. La sorpresa fu però ancora più grande quando entrambi i gruppi si resero conto della presenza di un terzo gruppo già pronto a salire sul palco; insomma il proprietario aveva chiamato tre gruppi per la stessa serata, così dei tre ci accordammo per lasciare spazio al gruppo che aveva fatto più strada per arrivare. Per la disperazione della serata persa decidemmo di andare a cercare un posto dove cenare fuori assieme!
Ci è anche successo di essere pagati in monetine da un gestore che aveva avuto una serata senza troppi incassi… una scena piuttosto penosa!
I vostri cavalli di battaglia? I nostri concerti si chiudono sempre con “Smoke on the water”. Altra peculiarità: ci siamo sempre trovati d’accordo sullo scegliere un repertorio che piacesse prima di tutto a noi, anche se questo ha voluto dire trovare spesso poche possibilità di fare serate nei locali.
Vent’anni in cui siete cresciuti: cosa vi ha dato in più farlo dentro una sala prove? Gli scontri tra personalità differenti ci sono stati e ci sono ancora oggi, anche se appianati dalla maturità raggiunta. Chi era più combattivo vent’anni fa è ancora il più combattivo anche se i modi sono divenuti più sobri. Siamo soddisfatti di essere rimasti amici di vita al di la di ogni orgoglio personale, lasciando spazio all’amicizia come primo valore assoluto. Tra un musicista talentuoso ma un po’ scorbutico ed un buon musicista che sappia essere un buon amico abbiamo scelto sempre il secondo.
Il valore che riconosciamo all’esperienza del fare musica abbiamo cercato di difenderlo anche attraverso l’impegno riversato nella gestione e nella mediazione tra band e Comitato del Centro Giovanile per collaborare nel creare un luogo utile a fare musica per i ragazzi del nostro paese. L’esperienza della sala prove del Centro è stata preziosa per l’universo che ci gravitava, reso possibile dal giro di musicisti che ci girava attorno e che ha contribuita a creare un’esperienza generazionale importante per Carmignano. Rapporti che si sono creati tra giovani e ancora resistono tra adulti creando un’occasione di socialità irrinunciabile!



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