La biografia degli Headless Cross
La
storia del gruppo ha avuto inizio con la figura determinante di Gilberto
Pecchielan, storico chitarrista della Banda “G. Bovo”, che nel ’91 prende
Enrico Baldo (futuro chitarrista degli Headless, unico componente rimasto per
tutti i vent’anni di storia della band) ed altri giovani frequentatori del
Centro Giovanile e li accompagna con se nella sala prove sotterranea dove fino
ad allora provava soltanto la Banda di Carmignano. Lì avvenne l’iniziazione
musicale di molti di noi e così l’idea di mettere assieme un complesso. Il
primo nucleo comprendeva, oltre ad Enrico: Gianluca Volpato (al basso), Lorenzo
Baldo (batteria), Damiano Tessari (chitarra) e Luca Frison (voce). Il primo
concerto fu in Sala G al Centro Giovanile ed il pubblico non poteva che essere
quello dei ragazzi e delle ragazze della nostra compagnia di amici. Su
ispirazione di Gilberto le nostre prime canzoni pescavano dal repertorio
italiano anni ’60: “Un ragazzo di strada” dei Corvi, per intenderci. Quando ci
venne la voglia di sperimentarci con l’hard-rock fu anche il momento in cui,
per motivi differenti, salutammo Lorenzo e Luca. Alla batteria arrivò, e
tutt’oggi rimane, Luciano Trento mentre alla voce Ivan che rimase con noi un
paio d’anni. Anche il nome del gruppo, fino ad allora “Rock & Roll Rebels”
divenne quello attuale con questi assestamenti d’organico. Headless Cross è il
titolo di un album dei Black Sabbath, gruppo che riusciva bene a sintetizzare i
gusti musicali di tutti i componenti della band.
Siete il gruppo
più longevo tra quelli coinvolti nel concerto del 4 Giugno, ben 20 anni di
storia che sembra voler durare ancora a lungo: cosa vi lega a tal punto? Ci piace tanto stare assieme, sia che lo si faccia in sala
prove sia fuori. Suonare a volte diventa solo il pretesto per stare assieme a
persone con cui si sta bene. Lavoro ed impegni familiari, nel tempo, hanno
ridotto la disponibilità oraria di ciascuno, però la voglia di incontrarci
riesce a non farci rinunciare ai nostri momenti, anche se ridotti rispetto ad
un tempo.
I primi due o tre anni in cui, ventenni, si suonava, c’era
il sogno di far diventare la musica la propria vita, poi senza traumi ognuno si
è reso conto dell’importanza della band al di la degli obiettivi di successo.
Il posto più
strano in cui avete suonato? Ci è
capitato di esser stati chiamati a suonare in un posto a San Martino di Lupari
un Sabato sera, il Piccadilly, arrivammo lì cogli strumenti per renderci conto
che fuori c’era un altro gruppo che aspettava di entrare per suonare. La
sorpresa fu però ancora più grande quando entrambi i gruppi si resero conto
della presenza di un terzo gruppo già pronto a salire sul palco; insomma il
proprietario aveva chiamato tre gruppi per la stessa serata, così dei tre ci
accordammo per lasciare spazio al gruppo che aveva fatto più strada per
arrivare. Per la disperazione della serata persa decidemmo di andare a cercare
un posto dove cenare fuori assieme!
Ci è anche successo di essere pagati in monetine da un
gestore che aveva avuto una serata senza troppi incassi… una scena piuttosto
penosa!
I vostri cavalli
di battaglia? I nostri concerti si chiudono sempre
con “Smoke on the water”. Altra peculiarità: ci siamo sempre trovati d’accordo
sullo scegliere un repertorio che piacesse prima di tutto a noi, anche se
questo ha voluto dire trovare spesso poche possibilità di fare serate nei
locali.
Vent’anni in cui
siete cresciuti: cosa vi ha dato in più farlo dentro una sala prove? Gli scontri tra personalità differenti ci sono stati e ci
sono ancora oggi, anche se appianati dalla maturità raggiunta. Chi era più
combattivo vent’anni fa è ancora il più combattivo anche se i modi sono
divenuti più sobri. Siamo soddisfatti di essere rimasti amici di vita al di la
di ogni orgoglio personale, lasciando spazio all’amicizia come primo valore
assoluto. Tra un musicista talentuoso ma un po’ scorbutico ed un buon musicista
che sappia essere un buon amico abbiamo scelto sempre il secondo.
Il valore che riconosciamo all’esperienza del fare musica abbiamo
cercato di difenderlo anche attraverso l’impegno riversato nella gestione e
nella mediazione tra band e Comitato del Centro Giovanile per collaborare nel
creare un luogo utile a fare musica per i ragazzi del nostro paese. L’esperienza
della sala prove del Centro è stata preziosa per l’universo che ci gravitava,
reso possibile dal giro di musicisti che ci girava attorno e che ha contribuita
a creare un’esperienza generazionale importante per Carmignano. Rapporti che si
sono creati tra giovani e ancora resistono tra adulti creando un’occasione di
socialità irrinunciabile!
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