un racconto di Silva Golin
parte terza
Maurizio Poggi lasciata la casa di Fenella non ci pensò più, fece il
viaggio verso casa ascoltando la radio, si preparò per uscire con gli amici,
cenò al solito pub e poi via a locali. Ma ad un certo punto come d'incanto gli
venne in mente un'esile ragazza di venti anni con le idee chiare, innamorata
della natura e con un paio di infradito ai piedi. Le ragazze della sua
compagnia invece portavano tutte il tacco dieci. L'istinto naturale verso le
sfide lo fece riflettere. Non aveva mai pensato di trasformarsi in un bio-architetto,
cioè un organizzatore ecologico dello spazio edificato, ne aveva sentito
parlare, era un corso di post-laurea, ma a lui non interessava. Il mondo, le
persone, tutti volevano piccoli monolocali per investirci i soldi, oppure
richiedevano villette con i più moderni comfort, strutture nuove e avveniristiche,
con i muri bianchissimi, e un arredamento spoglio e lineare. Nessuno voleva una
casa con stanze dal basso soffitto, parquet naturali o mobili country, belli,
pieni di gusto antico ma che richiedevano cure, amore, insomma tempo, magari
per sedersi di fronte al caminetto con una tazza di cioccolata calda tra le
dita. Forse non era la persona con lo spirito adatto per buttarsi in queste
cose, forse ci stava pensando perchè era una novità e a lui piacevano molto le
cose nuove. C'era il fatto che se l'incarico non lo avesse preso lui, Fenella
lo avrebbe chiesto ad un altro. Perchè quella casa ne aveva un gran bisogno,
dal suo rapido esame era palese che gli impianti andavano rifatti, i serramenti
pure, il bagno poi era antidiluviano.
Ci dormirò sopra, pensò. E così fece.
Il mattino successivo aveva maturato la decisione di chiedere consiglio al
suo capo, erano circa quattro anni che lavorava dall'architetto Magnabosco, era
un ambiente abbastanza pacifico se uno ci sapeva fare, ma poteva diventare
orribile se venivi preso di mira. Di sprovveduti ne aveva visti molti, come
tanti lavori anche quello era come un clan di eletti, di persone che pensavano
di essere superiori, che miravano al lusso e al possesso di quote di capitale.
Di circa otto architetti lui era il più giovane, i più anziani, non solo
disegnavano i progetti ma acquistavano parte degli immobili, in breve erano
ricchi, e gareggiavano a chi lo fosse di più. Come era riuscito Maurizio a
sopravvivere? Semplicemente grazie alla sua naturale riservatezza. Ancora
qualcuno dei suoi colleghi non sapeva da quale famiglia lui provenisse o se era
fidanzato. Ogni tanto gli chiedevano se era interessato all'acquisto di qualche
appartamento che aveva costruito, ma lui rifiutava. Grazie a questo distacco,
alla sua educazione e preparazione professionale aveva mantenuto il posto e guadagnava
bene. Lavorava sodo, compreso il sabato e fino a tarda sera se era necessario.
Non aveva legato con nessun collega in particolare e se aveva dei dubbi si
rivolgeva direttamente al capo. Ed ora era lì, seduto dove soli pochi giorni
prima era seduta Fenella. Ricordava le sue mani bianche e affusolate, strette
attorno ai manici di quella ridicola borsa di juta, pensava al fastidio che le
aveva dato questa ragazza dalla faccia pulita come un angelo, dai capelli
sottili di cui non riusciva a calcolare la lunghezza e dalle labbra che
avrebbero richiesto almeno un velo di lucidalabbra. Eppure sembrava così a suo
agio nell' aspetto scialbo, con i piccoli piedini infilati in quelle misere
ciabattine, e il petto che si sollevava rapido ad ogni respiro. L'emozione che
aveva sentito era stata di rabbia per la sua palese innocenza, come una ragazza
che salta fuori dalle pagine di un vecchio libro. Aveva voluto punirla con la
sua serietà, farle capire che doveva darsi una svegliata, il mondo è per i
veloci, il mondo è dei belli e delle donne che si prendono cura di se, del loro
aspetto.
“Ho poco tempo, che problemi ci sono?”
“Volevo un tuo parere professionale”
“Ti ascolto”
“Una potenziale cliente mi ha chiesto una stima per i lavori di
ristrutturazione di una vecchia casa, il posto è molto suggestivo, via
Dell'orto, non so se hai presente, ebbene richiede una bioedilizia. Che
faccio?”
“Paga?”
“Sì, penso non ci siano problemi in questo senso”
“Dalle quello che vuole. Hai detto che è una casetta? Bene ci lavorerai
dopo il lavoro, se hai problemi chiedi consulenze. Ho da darti solo un
consiglio, se la cliente vuole una bio-casa solo per motivi futili, ad esempio
per farla vedere agli amici o per moda, sii molto chiaro, queste costruzioni
sono impegnative da progettare e da viverci, chiaro?”
“Chiaro”
Maurizio uscì dall'ufficio e ritornò alla sua postazione. Più tardi avrebbe
telefonato a Fenella, ma non lo fece. Nella via del ritorno a casa si fermò in
via Dell'orto.
La casetta era circondata da una aiuola di biancospino e alloro, che aveva
bisogno di essere potata, sopra al basso cancelletto d'entrata in legno,
l'aiuola formava un arco, non c'era campanello elettrico ma una campanella con
batacchio dal suono stridulo. Suonò, nessuno rispose. Maurizio pensò che il
suono non poteva essere udito in casa, era troppo distante, specie se Fenella
teneva la radio o il televisore a tutto volume, come faceva lui. Ma adesso che
ci pensava non aveva visto televisori in nessun posto, gli venne il sospetto
che ne fosse sprovvista. Che strana ragazza. Decise di entrare per accertarsi
se Fenella era in casa. Il sentiero che portava al portoncino di ingresso era
composto da tavolette in pietra con un andamento quasi ad esse, tra le pietre
cresceva l'erba rigogliosa a forma di cuore ed erano in parte ricoperte da
muschio. Nel giardino crescevano alti quasi mezzo metro i papaveri, altre
erbacce e accanto alla casa bocche di leone dai colori cangianti. Tutta questa
verzura rigogliosa nutriva, con la sua perdita di foglie un substrato, cosicchè
a terra proliferavano molte piantine spontanee infestanti che non lasciavano
spoglio nemmeno un centimetro, l'edera e la vite americana strisciavano in ogni
direzione e si avviluppavano dove trovavano possibili appigli. Il portoncino
d'entrata era una brutta porta anni settanta in legno scrostato. Anche qui
niente campanello ma un batacchio che Maurizio sbatacchiò energicamente, senza
sentire risposta. Fenella evidentemente non era in casa, Maurizio non pago di
questo decise di aspettarla per qualche minuto. Girò lo sguardo, sul lato ovest
della casina si vedeva un grande noce e sotto di esso un tavolino in metallo
con due sedie di disuguale fattura, si accomodò lì. La sensazione che subito
ebbe fu di presenza, di non essere solo, occhietti di animali sconosciuti lo
osservavano, il canto degli uccelli era quasi opprimente e la natura sembrava
palpitare. Si immaginò serpi striscianti, orbettini e il verde biacco, topolini
di campagna, forse qualche tasso. Non lo aveva nemmeno mai visto un tasso. Poi
un cigolio richiamò la sua attenzione e vide entrare Fenella dal portone in
legno più grande, era in bicicletta e sul cestino teneva un sacchetto marrone
di carta, il pane, pensò Maurizio. I loro occhi si incrociarono, le guance di
Fenella arrossirono per la sorpresa, Maurizio era un po’ imbarazzato di essersi
fatto beccare in stato di relax nel suo giardino incantato.
“Scusi l'intrusione, visto che non c'era ho provato ad attenderla”
“Buongiorno Maurizio. Ripongo la bici e le apro la casa”
“Non si deve scomodare, ma non ci davamo del tu? Possiamo benissimo parlare
qui fuori, almeno c'è un alito di vento, oggi ha fatto molto caldo”
“D’accordo”
Fenella si avvicinò e si sedette appoggiando la borsa e il sacchetto nel
tavolino. Maurizio si alzò camminando qua e là vicino al noce.
“Io ho riflettuto, la casa ha necessità di essere ristrutturata, e fino a
qui ci siamo. Io non sono un esperto di bio-edilizia, ma sono in gamba nel mio
lavoro e il mio capo mi ha dato carta bianca. Ti chiedo adesso in modo molto
serio se la cifra da spendere e il mio progetto sono un problema per le tue
tasche”.
Fenella lo guardava con uno sguardo molto serio, gli occhi castani dilatati
e fermi.
Maurizio si appoggiò al tronco del noce con le mani dietro la schiena e
aspettò la risposta.
Fenella si alzò e andò verso di lui. Quando fu a un passo da lui alzò il
viso per guardarlo in faccia, Maurizio era più alto di lei di venti centimetri.
“Sono un problema, io ho pochissimi risparmi da parte”
Maurizio notò che portava una semplice camicetta senza maniche, bianca, una
gonna fantasia lunga fino alle caviglie
e le stupide infradito. Aveva le orecchie piccole e gli occhi limpidi e puri.
La tensione era forte, le mani sembravano aver vita propria, le sue labbra
erano più aride che mai, avevano bisogno di essere inumidite e leccate.
Lentamente le mani di Maurizio si poggiarono sulle spalle di Fenella, sentì le
sue ossa fragili sotto alle dita, era esile come un uccellino. I suoi occhi si
fecero più vicini, poi si chiusero nel momento in cui si baciarono. Fu un
attimo, un bacio casto e semplice. Si staccarono troppo velocemente e l'incanto
svanì. Fenella aveva le gote in fiamme,
si girò per non farsi vedere. Maurizio si passò una mano sui capelli
respirando profondamente.
“Ho qui una lettera di mia sorella, vorrei che tu sapessi che si offre di
aiutarmi in qualche modo, aspetta che trovo il passaggio”
Fenella si sedette, la testa chinata per leggere, Maurizio alle sue spalle
vedeva solo i suoi capelli raccolti, la lunga morbida frangetta e la sommità
delle guance che erano rosate.
Fenella teneva in una mano una busta sgualcita e nell'altra un foglio
scritto a caratteri minuscoli.
“Ecco dice che l'eredità in Bot del nonno può fare da garanzia per un
prestito con la banca, cosa ne pensi?”
Maurizio si destò, lei aspettava una risposta, invece disse:
“Ma ti scrivi con tua sorella, non hai il cellulare?”
“Ma certo, solo che lo tengo per le emergenze, è più bello scrivere, al
telefono è troppo frettoloso, e poi una lettera che arriva è sempre
emozionante. E se la spedisco è ancora più bello”
“Tu mi farai impazzire, va bene, penso non ci siano problemi, mi metto
all'opera per il preventivo. Vado a casa
sono esausto. Ciao, non disturbarti conosco la strada”.
A dire il vero Fenella non si mosse quasi e anche se avesse voluto non
sarebbe stata in grado di reggersi sulle gambe, perchè quel bacio le aveva
fatte diventare di gelatina. Era talmente sconcertata da credere che non fosse
accaduto, non poteva essere accaduto, se lo era forse immaginato?
Rimase seduta fuori finchè le parve di respirare in modo normale, poi
rientrò a prepararsi la cena con i pomodori raccolti nell'orto, il pane che
aveva acquistato e le ultime mele dell'anno prima.
Quando fu tutto pronto, allestì il solito vassoio, mise un libro
sottobraccio e uscì a mangiare sotto il noce. I suoi pasti li consumava quasi
sempre lì. Maurizio aveva ragione non possedeva il televisore, il nonno ne
aveva avuto uno, piccolo e che funzionava assai male. Dopo la morte del nonno
se ne sbarazzò subito. Possedeva una radio e spesso la teneva accesa per avere
compagnia. Lentamente il cielo si andava scurendo, e leggere divenne
impossibile, quella sera nemmeno Jane Eyre sembrava trasmetterle calma. Fenella
fece un ultimo giro nel giardino, controllò il roseto con attenzione, domani
mattina doveva eliminare le rose sfiorite, e l'aiuola andava potata e poi
doveva innaffiare il prato e alcune bordure. Meglio andare a letto.
Fenella continuava a dormire nella sua camera da bambina, ma era davvero
piccola, aveva deciso di trasformala in zona studio, per metterci le cose che
in una casa così piccola rimanevano sempre gettate alla rinfusa.
La camera da letto sarebbe divenuta quella del nonno, più spaziosa e
silenziosa, la testata del letto rivolta a nord, avrebbe tenuto il letto a una
piazza e mezza del nonno, era in legno naturale e non aveva senso sprecare
tutte quelle lenzuola dalla misura improbabile. Per terra c'era già un bel parquet
dal colore caldo, trattato con oli e cere naturali. Niente quadri ne tende,
niente fronzoli, per evitare la polvere, solo il tavolino che c'era giù in
salotto per appoggiare gli occhiali da lettura, qualche libro e la brocca
dell'acqua e magari un fiore con un rametto di rosmarino per conciliare il
sonno. Al balcone della finestra una cassetta con una rigogliosa pianta di
basilico per scacciare le zanzare. Naturalmente avrebbe dovuto cambiare
materasso e aveva letto su una rivista che la paglia di segale pressata era
un'ottima soluzione. Con questi progetti Fenella trovò finalmente riposo.
(CONTINUA)
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