un racconto di Silva Golin
parte sesta
Con il cellulare sempre acceso e gli operai in casa Fenella non ebbe più
pace. Le decisioni, tutte importanti da prendere, erano milioni e lei era
sull'orlo dell'esaurimento nervoso. Maurizio era più abituato a questa
pressione, le telefonava a qualsiasi ora, senza neanche salutarla le faceva
domande di ogni tipo, sui colori, le piastrelle, il ripiano della cucina, i
sanitari, vasca o doccia, ampiezza delle finestre. E inoltre continuava a
rimuginare perchè non metteva mai in moto la macchina del nonno, si sarebbe
rovinata, avrebbe fatto la ruggine. La casa sembrava un campo di battaglia,
ogni volta che Fenella tornava dal lavoro si chiedeva quale pezzo non avrebbe
trovato.
Passò l'estate, e arrivò settembre, la casa sembrava a buon punto, mancava
davvero poco. Era bellissima. Come un sogno che diventa realtà. Fenella si
chiedeva se da lassù il nonno la giudicasse male, oppure se era felice di tutti
i cambiamenti apportati, forse se non è d’accordo me lo farà capire, comincerò
a sentire la sua voce che mi chiama la notte o la sua presenza con quadri che
cadono da soli o la radio che esplode.
“Signorina, farà una bella festa quando sarà finita” Le aveva detto un
operaio. Una festa? Che idea splendida, ma gli amici di Fenella erano davvero
pochi e i parenti ancora meno. Sarebbe stato molto deprimente fare un bilancio
delle proprie conoscenze e scoprire che erano così limitate. Sua sorella era
molto più socievole ed espansiva. Se almeno avesse avuto dei vicini o dei
compagni di scuola simpatici. Invece non c'era nessuno in particolare, tranne
qualche cliente del negozio, ma era un rapporto diverso. Forse era
l'insicurezza che la bloccava, forse la rigida educazione che aveva ricevuto e
forse era anche noiosa e acida come una zitella, avrebbe dovuto comprarsi un abito
rosso e invitare gente a casa, per una festa, e avrebbe brindato alla nuova
vita. O forse per lei era più giusto una cena, una cena intima con le persone
che l'avevano sostenuta e avevano creduto nelle sue idee così particolari.
Mentalmente cominciò a fare un elenco. Beh sua sorella, la signorina
Annamaria, l'architetto Magnabosco, il capo del cantiere, il suo aiuto giardiniere,
e anche Maurizio, naturalmente, e questo le fece correre un brivido lungo la
schiena. Questo era il momento di sapere se era fidanzato, perchè Fenella
avrebbe dovuto chiedere agli invitati di portare le mogli. Da molte settimane
si chiedeva se lui volesse parlarle proprio di questo, ma Fenella aveva sempre
cercato di soprassedere all'argomento con qualche scusa.
Con l'aiuto di Alina, che era venuta a passare qualche giorno alla casetta,
iniziarono i preparativi. Per prima cosa furono invitati con un simpatico
biglietto i partecipanti, poi fu deciso il menù, molto informale, una serie di
piatti semplici, per un buffet in giardino, che era rigoglioso di frutti e
colori, le fronde del salice toccavano terra. Per l'occasione Fenella aveva
predisposto candele e torce. L'invito che doveva ancora spedire era quello di
Maurizio, perchè non conosceva il suo indirizzo. Per fortuna una mattina
aprendo le imposte lo vide risalire il sentiero, era imbronciato, camminava con
lo sguardo fisso a terra, la campanella squillò e Fenella aprì la porta in
pigiama lilla, con una leggera sciarpa avvolta sulle spalle e gli occhi
penosamente appiccicati e i capelli scomposti. Era molto imbarazzata dal suo
aspetto, e da quello che lui avrebbe pensato, ma l'ora era insolita.
“Buongiorno”
“Ciao, scusa per l'ora ma ieri l'architetto mi ha riferito che domenica
sera è a casa tua per una festa, una specie di inaugurazione, è vero?”
“Per l'appunto io volevo invitarti, ma non conoscevo il tuo indirizzo.”
“E non potevi chiamarmi? Ah, ma già, tu mai una volta ti sei degnata di
telefonarmi, perchè? Oppure vuoi escludermi di proposito“ le afferrò entrambi i
polsi e la stretta sembrava d'acciaio “non mi vuoi alla tua festa, hai paura
che ti metta in imbarazzo, questa stupenda casetta, questo gioiello eco, bio,
del picchio l'ho studiato io, l' ho fatta io, io… verrò alla tua cena, sappilo,
che tu voglia o no.”
“Ma io lo voglio, anzi se vuoi venire con qualcuno....”
“Sì verrò con il mio ego ferito, i miei dispiaceri e naturalmente con una pianta in vaso per la padrona di casa, che sono certa non gradirebbe un mazzo di fiori recisi!”
“Ma io lo voglio, anzi se vuoi venire con qualcuno....”
“Sì verrò con il mio ego ferito, i miei dispiaceri e naturalmente con una pianta in vaso per la padrona di casa, che sono certa non gradirebbe un mazzo di fiori recisi!”
E con questo mollò bruscamente il polsi di Fenella girò sui tacchi e andò
via.
Lei ebbe la sensazione di averlo offeso e ferito, capiva il suo punto di
vista e se ne doleva. Ma ormai la sua timidezza e sbadataggine avevano fatto la
frittata, per non parlare il magico incanto che tra loro c'era, e questo forse
per sempre.
(CONTINUA)
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