martedì 3 settembre 2013

TUTTO UN ALTRO CALCIO: GYLMAR DOS SANTOS NEVES

di Roberto Pivato

Nobilitare il ruolo di portiere al pari di tutti gli altri, in una nazione in cui il calcio è fantasia, dribbling, samba, è un’impresa tutt’altro che facile. Questa impresa riuscì a Gylmar dos Santos Neves, da tutti conosciuto semplicemente come Gilmar (unione dei nomi del padre e della madre, rispettivamente: Gilberto e Maria), il più famoso e più forte portiere carioca di tutti i tempi. 
Nato a Santos il 22 agosto 1930, questa icona del calcio verde-oro si è spenta pochi giorni fa, all’età di 83 anni, dopo una carriera costellata di successi. Gilmar è stato l’unico estremo difensore della storia ad aggiudicarsi per due volte il titolo di campione del mondo (Svezia 1958 e Cile 1962) oltre a numerosi titoli in patria col Santos di un certo Pelè: due campionati, due coppe Intecontinentali e due Libertadores. 

Pelè piange sulla spalla di Gilmar

E proprio a Pelè è legata l’immagine forse più emblematica di Gilmar: il giovanissimo attaccante piange di gioia sulla spalla del portiere subito dopo aver battuto la Svezia nella finale mondiale. Un’istantanea che racconta molto di quello che era Gilmar per i suoi compagni di squadra: prima di quella stessa gara i brasiliani erano in preda al terrore scaramantico dato che sarebbero dovuti scendere in campo con una maglia blu, diversa dalla gialla utilizzata con successo fino a quel momento. 

Il Brasile in blu con la Coppa Rimet 1958

Il portiere dovette cercarsi una casacca di colore differente, poiché solitamente era lui che vestiva di blu. Quando la trovò l’unico numero disponibile era il 3 e non il 13 col quale era solito giocare. Circostanza questa dovuta al fatto che il comitato organizzatore, il quale attribuiva i numeri di maglia, non conoscendo i giocatori sudamericani assegnò loro le casacche casualmente. I compagni gli assicurarono che se non avesse indossato il 13 la finale sarebbe andata male; così Gilmar tagliò da un’altra maglia un 1 e lo cucì a fianco del 3. La partita terminò 5-2 per il Brasile che si aggiudicò la prima coppa del mondo (all’epoca chiamata ancora Rimet). 
In quella stessa edizione Gilmar non subì reti fino alla semifinale (5-2 alla Francia), stabilendo il record di imbattibilità in partite internazionali: ben 17 consecutive. Si dice anche che sia stato lui ad introdurre in patria l’uso dei calzoncini corti per i portieri, poiché rendevano più elastici i movimenti… ed erano più estetici nelle riprese televisive. Gilmar, assieme ad una squadra tra le più forti di tutti i tempi, fece dimenticare ad un paese intero il “dramma” sportivo del Maracanazo, cioè la sconfitta nel mondiale del ’50 a Rio de Janeiro contro l’Uruguay che costò il titolo ai verde-oro, già convinti di averlo in tasca. In quell’occasione il numero uno di casa, Moacyr Barbosa, aveva contribuito alla sconfitta coi suoi errori, alimentando in questo modo il discredito del popolo brasiliano nei confronti del ruolo di estremo difensore. Ci pensò Gilmar a far sì che i ragazzini iniziassero a sognare non più soltanto di fare gol, ma anche di impedire agli altri di realizzarli. 
Un numero 13 che è rimasto ad oggi il miglior numero uno del Brasile.

Una spettacolare parata di Gilmar

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