Il poeta giovane: Guido Bovo
Vi raccontiamo
l’affascinante storia di un giovane poeta carmignanese degli anni ’40, Guido
Bovo, ai più sconosciuto, che nella sua breve esistenza è comunque riuscito a
lasciare un segno in chi lo ha conosciuto. E così, dopo la sua dipartita,
l’amico e medico Giuseppe Mesirca ne ha raccolto e pubblicato le poesie
permettendo che la sua opera giungesse fino nelle nostre mani tramite il dono
prezioso fattoci da Pino Cervato, grazie al quale siamo venuti a conoscenza di
questa personalità di cui ignoravamo l’esistenza e di cui, al contrario, siamo
ben lieti di dare nuova voce e vita.
Guido Bovo nasce il 23 febbraio 1924. Di lui Pino Cervato ci
offre questa testimonianza: «Guido era di dieci anni più grande di
me, quindi i nostri rapporti non sono mai stati di vera e propria amicizia,
come invece accadeva col fratello Nildo. Guido frequentava l’università, cosa
assai rara a quell’epoca. Le uniche occasioni in cui potevo vederlo erano le
esercitazioni fasciste del sabato al campo sportivo. Guido era molto atletico,
un bel ragazzo, pieno di vita, oltre che molto intelligente. Mi ricordo che lo
ammiravo mentre praticava lancio del giavellotto. Nessuno però sapeva che
scrivesse poesie». L’unica testimonianza scritta
dell’opera poetica di Bovo è la raccolta “Viole nere” che comprende poesie e
prose dell’autore stesso e una serie di traduzioni di poeti tedeschi (Hölderlin in particolare) e francesi. Quest’opera pubblicata
postuma (nel febbraio del 1946), la si deve a Giuseppe Mesirca, un medico di
Citadella. Grazie alla prefazione di Mesirca si riescono ad ottenere maggiori
informazioni riguardo alla vicenda e alla personalità di Guido Bovo. I due si
conobbero per iniziativa di Bovo stesso che contattò Mesirca tramite lettera
per complimentarsi di alcune sue prose comparse in un quotidiano. Da quel
momento l’affinità culturale li portò a frequenti incontri nel rifugio segreto
di Guido in riva al Brenta, nei pressi di Camazzole. In queste occasioni
Mesirca ci dice di aver imparato ad ammirare a pieno l’anima dell’amico,
un’anima sensibile e un intelletto fuori dal comune: Bovo leggeva moltissimo e
conosceva praticamente tutte le maggiori opere della letteratura mondiale. In
questo lo aiutava anche la sua conoscenza di svariate, che gli consentiva la
lettura delle opere originali e le loro traduzioni. Insomma, un’intelligenza e
una cultura fuori dal comune, soprattutto per un ragazzo di 19 anni e per lo
più in tempo di guerra. Lo stesso medico cittadellese ci narra le vicende che
avevano condotto Guido all’ “esilio” in riva al fiume nel ’44: «Chiamato alle armi, sfugge per caso ad un bombardamento aereo
che colpisce la caserma, a Padova, abbandonata la sera prima. Viene mandato a
La Spezia […] Poi trascorre qualche mese fra i
colli verdi di Sassuolo […] Trasferito a Bassano nel maggio
dello stesso anno […] È costretto a fuggire da Bassano alla
vigilia della partenza, ordinata dai tedeschi. Ma non può restare nella casa
paterna, esposto al pericolo di arresti e di deportazione. È ancora il Brenta che gli offre un rifugio sicuro». Qui, in costante simbiosi con la natura, la sua ispirazione
e la sua tecnica poetica si affinano e lo portano ad uno stile già maturo che è
quello raccolto in “Viole nere”. Ma qui, il clima rigido dell’inverno, lo fa
ammalare: una meningite che lo uccide nel giro di un paio di mesi, poco prima
del suo ventunesimo compleanno, spegnendo un genio che probabilmente aveva
appena iniziato a muovere i suoi luminosi passi.
RITORNO
Sera di nebbia, che dai campi sali
sulla mia strada, gli alberi e la vita
volgono in fuga gli anni disuguali
(come l’eco dei pianti inaudita
che da me solo scocca e in me rimane)
nel candore dei palpiti autunnali
di che mi avvolgi le paure vane.
Guardo la nebbia, ho le ciglia bianche.
Il volto dell’umanità ferita
si è perduto, posare l’ossa stanche
è pure cosa dolce e infinita.
Ma non so se le pallide fiumane
in cui mi muovo son la nostra vita,
se ci si sfugge, se ci si rimane.
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