di GP F1
Certo che in America succede proprio di tutto. Per onorare questo
tutto, nel 1996 i Coen decidono, con “Fargo”,
di celebrare l’assoluta insensatezza di alcune scelte umane. Fargo è il nome
del luogo da cui inizia la fine, da cui scaturisce l’inarrestabile effetto
domino che sconvolgerà la vita di tutti i protagonisti. La storia, che inizia
con una richiesta quanto mai strampalata da parte di uno dei personaggi, sembra
a prima vista irreale ed illogica. Quello che Jerry spietatamente chiede a
Gaear e Carl fa scorgere per pochi istanti quanto un uomo possa diventare
perfido e meschino per raggiungere il proprio scopo. L’ America del “self-made”
man viene sbriciolata in pochi attimi. Non tutti riescono a vivere il loro
sogno, non tutti riescono a raggiungerlo grazie ai sacrifici di una vita. C’è
chi decide di prendere la scorciatoia, c’è chi è disposto a rischiare, a
giocare ad una pericolosissima roulette russa pur di arrivare alla
realizzazione di un obbiettivo pur non avendone le capacità. Jerry rappresenta
proprio questo genere di persona.
Il problema è che ad accorgersi
dell’insensatezza dei suoi piani non ci sono gli amici di una vita che tentano
in tutti i modi di farlo ragionare e di farlo desistere da ciò che ha
minuziosamente architettato. Di fronte a lui, al “Kings of Clubs” di Fargo ci
sono Gaer e Carl, due spietati sicari. La loro sorpresa alla richiesta di Jerry
dura solo pochi attimi. Non c’è più tempo per farsi domande, ora bisogna
passare all’azione. Chi è il più matto dei tre? Chi è il più insensato? Chi
propone il piano d’azione o chi accetta la proposta? Ma se Gaear e Carl
iniziano ad agire, Jerry deve soltanto aspettare l’esito degli eventi
ritornando a vivere la vita di tutti i giorni nel concessionario di proprietà
del suocero Wade. La routine di Jerry è fatta di clienti da soddisfare il più
possibile e di tanti rospi da ingoiare facendo finta di nulla. Tuttavia, Jerry non si rende conto che il suo futuro,
per quanto abbondantemente programmato, rimane incontrollabile e sfuggente.
Basta pochissimo per rovinare tutto. Ad ostacolare i suoi propositi, quando
tutto sembra andare per il verso giusto, c’è l’ostinazione del suocero Wade,
lui sì un vero “self-made” man. Wade rappresenta il tipico uomo che nulla o
nessuno possono fermare. Vive nell’agiatezza e niente può scalfire le sue
certezze. Lui e Jeffry non si sopportano proprio per nulla. Il loro è un
rapporto basato sulla pura e semplice formalità ma la sfiducia che Wade prova
nei confronti del genero non è poi così tanto nascosta. Il problema è che l’errore è sempre dietro
l’angolo.
E così, ciò che doveva essere per Gaear e Carl una pura e semplice
formalità, diventa invece un’escalation di sangue e rovina. I due azionano un
processo di causa-effetto da cui non si districheranno mai più. Ogni azione non
si ripercuote solo su di loro ma anche e soprattutto su chi ha a che fare con
loro. Nel loro essere schegge impazzite sono però fedeli al loro ruolo di infallibili
sicari senza scrupoli. La loro crudeltà stride con il carattere di Marge, la
poliziotta che per prima si mette ad indagare queste morti apparentemente
insensate. Marge è molto furba, scaltra nel suo lavoro e molto molto
perspicace. Non si lascia coinvolgere più di tanto dalle circostanze e riesce
sempre a trovare un nesso, un filo logico a ciò che osserva o sente. Vive
tranquillamente in compagnia del marito, è al settimo mese di gravidanza e
tutto rientra in uno stile di vita serenamente indirizzato alla normalità più
assoluta. Grazie ad uno spirito indomito, riesce ad individuare chi si nasconde
dietro ad una storia che diventa per si suoi canoni sempre più cruenta. Ma come
è possibile rimanere incollati allo schermo fino alla fine del film se tutto
ciò che viene presentato è un inno all’illogicità? La risposta ve la darà la
scritta che i Coen hanno voluto intenzionalmente proporre dopo pochi secondi
dall’inizio del film. Una frase che, a detta dei due ideatori, si insinua nella
nostra capacità di vedere e di accettare scene o concetti che altrimenti non
saremo in grado di accettare. Quello che i Coen hanno messo in pellicola non
sono altro che una serie di avvenimenti che, per quanto essi siano strani ed
inclassificabili, sono accaduti realmente. La storia è quindi un’invenzione
basata però su fatti che per quanto confutabili hanno un fondo di verità.
A
fare da contorno a tutto ciò il Minnesota innevato ed il suo inverno glaciale.
Il piano sequenza con il quale inizia il film racchiude in sé il senso di
perdizione dal quale inesorabilmente prenderà il via tutta la storia. Tutto
sembra racchiuso in una gigantesca palla di cristallo, di quelle che si agitano
per ricreare l’effetto neve. Se all’inizio tutto sembra sfuocato ed
impercettibile, le immagini si fanno via via più nitide, più chiare, più
riconoscibili. Come la vera identità di Jerry.
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