di Roberto Pivato
A metà anni ’70 l’Almagro era una squadra argentina di
Primera B (la terza serie, l’equivalente della nostra serie C … pardon: Lega Pro). Il club si trovava in
uno dei tanti barrio di Buenos Aires,
in piena periferia. Insomma: non proprio l’eden calcistico. Portiere di quella
formazione era Claudio Marcelo Tamburrini, un ventunenne studente di filosofia.
El Tricolor si comporta bene e sfiora
la promozione. Intanto però nel paese le cose precipitano: il generale Videla
ha preso il potere con un golpe e ha
instaurato una dittatura sanguinaria. I dissidenti iniziano a sparire, nessuno
sa esattamente che fine facciano: sono i desaparecidos.
Ma anche chi non è apertamente contrario a Videla non può
stare tranquillo: basta essere sospettati di sovversione perché arrivi uno
squadrone della morte a sequestrarti e portarti in uno dei tanti centri di
detenzione (definizione politicamente non troppo scorretta di luogo di tortura,
lager). È ciò che capita a Tamburrini
il 23 novembre 1977. Su delazione di un suo conoscente, prassi piuttosto
diffusa, viene prelevato dalla sua abitazione e condotto nel carcere di Mansión
Seré, a Castelar, cittadina poco distante dalla capitale. Qui lo spogliano e lo
picchiano selvaggiamente assieme ad altri compagni di sventura.
Claudio non parla, non saprebbe nemmeno cosa dire, poiché,
alla fin fine, è solo un simpatizzante del Partito Comunista a cui è iscritto
da anni. Le torture durano quattro mesi, poi Claudio, Guillermo, Carlos e
Daniel, i suoi compagni di prigionia, decidono per la fuga. Il 24 marzo del
’78, secondo anniversario del colpo di stato di Videla, i quattro si calano con
dei lenzuoli da una finestra del carcere; fuori impazza la bufera, loro sono
ancora nudi. Dopo varie peripezie e mesi di latitanza in Argentina, Tamburrini
riesce a fuggire in Brasile e da qui in Svezia, dove avrebbe terminato gli
studi, diventando professore universitario, e avrebbe messo in piedi la sua
famiglia.
Intanto il primo giugno 1978 prendono il via i mondiali
argentini, fortemente voluti dal regime come propaganda. La nazionale di casa
vince, com’era nelle previsioni e come doveva essere. Claudio guarda le partite
nei suoi nascondigli e tifa per l’Argentina. Una contraddizione forte, ben viva
anche alla coscienza di Tamburrini che ammetterà: «Vedevo le
partite in televisione e tifavo perché la Nazionale vincesse. Com’era
possibile, considerando l’esperienza che avevo appena vissuto?». Una
dimostrazione di quanto la propaganda, anche sportiva, possa risultare efficace
e di come il calcio possa tristemente diventare oggetto di manipolazione di
massa da parte del potere.
Claudio Tamburrini oggi |
Claudio Tamburrini narrerà la sua
avventurosa vicenda nel libro Pase Libre
– La fuga de la Mansión Seré. Il regista Israel Adrián Caetano lo
trasporterà sul grande schermo nel 2006, intitolando il suo film Cronaca di una fuga – Buenos Aires 1977
(Crónica de una fuga).
Nessun commento:
Posta un commento