di Roberto Pivato
«Conosco solo un uomo libero nel mondo del calcio». A dire
queste inequivocabili parole è stato niente meno che Pelé. L’uomo a cui faceva
riferimento risponde al nome di Afonso Celso Garcia Reis, noto semplicemente
come Afonsinho. Brasiliano, classe ’47, talentuoso centrocampista del Botafogo
degli anni ’60 e ’70, fu uno dei tanti calciatori che non si sottomisero alla
dittatura del maresciallo Castelo Branco, che caratterizzò un ventennio della storia
del paese (dal ’64 all’ ’85).
L’allora allenatore dei bianco-neri di Rio de
Janeiro era Mario Zagallo, uno che aveva appena guidato la Seleção alla
conquista della Rimet in Messico. Ma Zagallo era vicino alla giunta militare,
così come il presidente della squadra. Questo creò un immediato attrito tra
calciatore e mister, tanto che Afonsinho - oppositore del potere, studente di
medicina, democratico e impegnato a sostenere le fasce deboli della popolazione
- fu minacciato di esclusione dalla
squadra se non avesse modificato le sue abitudini, il suo stile di vita, il suo
look (barba e capelli lunghi, troppo
facilmente identificabili con l’aspetto stereotipato di un comunista) e le sue
convinzioni. Da allora in avanti avrebbe dovuto preoccuparsi soltanto del fútbol.
Facile compromesso, se davanti
non ci fosse stato un uomo libero e fiero, ancor prima di un giocatore di
classe. Afonsinho rifiutò. Fu estromesso dal Botafogo e costretto a smettere di
prendere a calci un pallone. Continuò tuttavia imperterrito a prendere a calci
chi per comandare si affidava a violenze e soprusi. Partendo da coloro che lo
facevano nel mondo del calcio. I calciatori allora “appartenevano” totalmente
al club; se perciò la società impediva loro di giocare, mettendoli fuori rosa come
in questo caso, essi non avevano alcuna possibilità di cambiare squadra.
Afonsinho non si dette per vinto ed iniziò una lunga battaglia legale,
affiancato dal padre e da alcuni amici avvocati, per ottenere il diritto allo
svincolo, cioè alla possibilità da parte di un calciatore di abbandonare una
società per un’altra qualora lo desiderasse. Anche questa sua campagna gli
costò molto: il posto in nazionale. Tuttavia Afonsinho vinse: i calciatori
brasiliani divennero padroni del proprio destino calcistico.
Dopo il ritiro dai campi di gioco Afonsinho divenne
psichiatra e si candidò anche in politica col Partito Socialista. Le sue lotte
a favore dei più deboli e per la tutela dei diritti di tutti continuano ancora
oggi, perché egli è un uomo libero nel mondo, non solo del calcio.
Fonte:
brasile2014.actionaid.it
Sulla vicenda di
Afonsinho esiste un documentario, in portoghese, del regista Oswaldo Caldeira:
Passe Livre (1974).
Inoltre, Gilberto Gil
ha dedicato una canzone ad Afonsinho, dal titolo Meio de Campo che potete ascoltare nel video pubblicato.
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