di Fabio Marcolongo
Ti
danno un semìno. Tutti abbiamo un’idea di com’è fatto un semìno, no? Chi,
almeno una volta, non ha preso in mano un seme, per esempio un seme di zucca.
Circa un centimetro, piatto, ruvido, bianco, leggero leggero...
Beh,
questo semìno è diverso: intanto sembra di metallo, è liscio e freddo al tatto.
Poi è spigoloso, un rettangolo, anzi un parallepipedo di circa 6-7 millimetri
di lunghezza. E infine il suo peso. Hai presente quando fai per sollevare qualcosa
che ti aspetti sia pesante e poi invece... ecco, una bicicletta in carbonio. Tu
vai lì (non sai che è di carbonio) ti fai un’idea del peso rispetto alle
dimensioni e alla tua “esperienza mentale” di altre bici che hai sollevato in
passato. Poi la prendi, la alzi... leggerissima! E ti senti forte come Bud
Spencer. Quello che ti frega è l’aspettativa, come sempre, nella vita.
Bene,
il semìno di cui ti sto parlando è l’opposto dell’esempio della bicicletta: tu
ti aspetti che sia leggero, fai per prenderlo in mano e non riesci a crederci:
pesa un sacco! Tre chili! Un semìno così piccolo, neanche un centimetro... tre
chili!
A
fatica lo sollevo, tra l’indice e il pollice. Mi viene voglia di assaggiarlo,
lo sfioro con la lingua... bleah... lo stesso retrogusto di “ferro bagnato” che
ti si appiccica al fondo della gola quando viaggi in treno in una giornata di
pioggia. Schifato lo riappoggio sulla scrivania insieme ai suoi fratellini: ce
ne sono di blu e di arancioni. Altri hanno delle forme diverse, irregolari con
una specie di “gambo” e sono neri: il modello “Cuculo Mimetico”. I peggiori.
Il
direttore commerciale della ditta è
seduto di fronte a me. Gli chiedo: ≪Mi
rispiega come si coltiva?≫.
≪Con
piacere! É
molto semplice: fai una gettata di cemento di circa 50 centimetri per 40,
dentro ci inserisci questo semìno,
e il giorno successivo nasce il baracchino. Bello, alto circa un metro, un
metro e dieci. Abbiamo semìni
di due qualità:
quelli che costano poco, quelli “matti”, che nascono senza il “frutto”, e quelli più cari, che il “frutto” ce l’hanno già: una macchina
fotografica da 20,1 Megapixel. Volendo fa anche i video in Full-HD, 1080p a 50
fotogrammi al secondo! Qui a Carmignano avete acquistato il modello “Start&Stop”, quello arancione con
il led lampeggiante≫.
Di
fronte alla mia meraviglia, da bravo venditore, quell’ometto calvo e tondo,
non perde occasione per esaltare le caratteristiche dei suoi prodotti con una
(discutibile) battuta di repertorio: ≪Probabilmente,
lei ora si starà
chiedendo che senso ha piantare tanti baracchini vuoti lungo le strade. Le
rispondo subito: servono per “seminare
il dubbio”
tra gli automobilisti che non sanno se verranno “beccati” oppure no! Hahaha... “seminare”... l’ha capita?≫. Io non reagisco,
incredulo, continuo a fissare quei semìni
sopra al tavolo. Lui ripete ancora una volta la parola “seminare” facendo il “gesto delle virgolette” con indice e il medio
di entrambe le mani piegati “ad
uncino”,
all’altezza
dei miei occhi. Poi riprende il suo monologo: ≪Gli altri, quelli buoni, quelli più costosi, invece servono
per... “seminare
il panico”
tra gli automobilisti... hahaha...≫.
Ripete la parola “seminare” e anche il “gesto delle virgolette”. Forzo un sorriso, lo
ringrazio per la disponibilità
e ci mettiamo d’accordo
sui dettagli per lo storyboard dell’animazione
video che andrò
a realizzare.
Che
strana giornata. Tornando a casa imbocco via San Pio X e vedo un signore in
mezzo alla strada, immobile, pietrificato, con lo sguardo perso nel vuoto. Mi
fermo e gli chiedo: ≪Tutto
a posto? Le consiglierei di spostarsi, di mettersi lì, sul ciglio...≫. Ma lui sembra non
sentirmi, e senza distogliere lo sguardo dal vuoto dice: ≪Sa, dovevo trovarmi con
un mio amico... davanti alla chiesa... cioè,
al campo del Carmenta, quello della cartiera... cioè, davanti al cinema di
Carmignano,... cioé...≫. Mentre parla, forzo un
sorriso, gli faccio un cenno di comprensione e, con la massima indifferenza,
ingrano la prima e piano piano parto. Che strana giornata.
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