La sede della Radio nel garage di Ceo Pajaro |
Alla fine degli anni settanta, tra Carmignano e Fontaniva, nasceva una
radio libera che avrebbe tenuto compagnia a moltissimi ascoltatori fino
all’inizio del decennio successivo. Siamo andati ad incontrare (Anna Agugiaro)
una delle fondatrici e speaker di questa radio che era nota col nome di Radio
Riviera Brenta.
Quando e dove nasce Radio Riviera Brenta?
La radio nasce nel 1976 dalla
passione e dalla voglia di stare insieme di un giovane gruppo di amici di 16-17
anni. Il nome ovviamente è stato scelto per la nostra collocazione: la riviera
del Brenta, per l’appunto. Esisteva anche un adesivo della radio: il ponte sul
fiume in giallo e lo sfondo blu. La prima sede è stata il garage di “Ceo
Pajaro”: c’era un tavolo con i due piatti per i dischi, il microfono e un
registratore. Dalla vetrata si godeva un panorama molto rustico: il prato sul
retro del bar e le galline che vi gironzolavano. A noi piaceva, rispecchiava la
genuinità della radio e di noi ragazzi. Era tutto molto tranquillo, naturale,
amatoriale… casereccio direi. Dopo un paio d’anni il quartier generale si è
spostato al di là del ponte, a Fontaniva, a casa di Curzio Zancan, il vero e
proprio fondatore e “tecnico” della radio, e qui continua a vivere ancora per
due anni circa.
Come funzionavano le trasmissioni della radio? C’erano delle rubriche
fisse?
La radio andava in onda tutti i
giorni, dal lunedì al sabato. La mattina era Curzio che di solito andava in
diretta, oppure metteva una cassetta registrata. Dalle due di pomeriggio
iniziavano le rubriche: il radiogiornale, il programma per bambini, l’oroscopo,
la trasmissione che si occupava di musica italiana e quella che invece mandava
in onda solo canzoni straniere… Io ad esempio mi occupavo del programma per i
bambini e dell’oroscopo. A volte ho condotto anche il radiogiornale, il quale,
in sostanza, consisteva nel leggere semplicemente le notizie dai quotidiani, ma
talvolta al suo interno trovavano spazio anche notizie del borgo, o fatti
scherzosi, spesso di presa in giro tra noi speaker. Ogni rubrica durava circa
un’ora e andava in onda in un giorno fisso, che di solito era quello in cui lo
speaker che se ne occupava non aveva altri impegni. Al massimo, se qualcuno non
poteva una volta, veniva sostituito. Era tutto volontariato, nessuno veniva retribuito
per ciò che faceva; tutti partecipavano per pura passione, per la voglia di
stare insieme e perché era una novità divertente e stimolante. Ciascuno si
preparava quello che voleva per la sua ora di trasmissione e andava, in
assoluta libertà e seguendo i suoi gusti.
Una radio libera in tutti i sensi insomma…
Assolutamente sì! Non c’era uno
specifico indirizzo musicale, ognuno si preparava la sua scaletta, seguendo i
suoi gusti personali e senza che nessun altro controllasse prima ciò che
sarebbe stato trasmesso. Soltanto una volta fummo costretti ad intervenire per
“censurare” un nostro amico che, appassionatissimo di Claudio Baglioni,
trasmetteva esclusivamente le sue canzoni. Ma fu un’eccezione. Anche diventare
speaker era semplicissimo: bastava chiedere a Curzio il quale ti diceva di
prepararti chè il giorno dopo avresti avuto un’ora tutta tua. Nessun provino
perciò, la radio era aperta a tutti, più volontari c’erano meglio era, così
magari si poteva andare avanti a trasmettere la sera qualche ora in più. Non
avevamo vincoli, gestivamo la radio come potevamo, secondo le nostre
possibilità e sempre in modo totalmente volontario.
Com’era il rapporto con gli ascoltatori? Avete ricevuto apprezzamenti o
critiche particolari?
Abbiamo sempre avuto un bel
seguito di pubblico, nonostante non ce l’aspettassimo. Riuscivamo a coprire un
raggio di circa 35-40 km
con le trasmissioni, perciò ci potevano ascoltare fino al di là di Padova. Una
sera, ad esempio, siamo stati invitati a cena, per fare conoscenza, da una famiglia
di nostri fan residente in un paese subito dopo Padova. Abbiamo sempre ricevuto
molti attestati di stima, non mi ricordo critiche; non abbiamo mai invaso il
campo di nessuno e quindi non c’era motivo per cui la radio dovesse spiacere a
qualcuno. Inizialmente, quando trasmettevamo da Ceo, non avevamo il telefono,
quindi l’unico mezzo attraverso il quale gli ascoltatori potevano mettersi in
contatto con noi, fare richieste, o semplicemente complimentarsi con noi, era
la lettera. Ce ne arrivavano parecchie, specie di bambini. Col passaggio della
sede a casa di Curzio era arrivato anche il telefono e riuscivamo a fare anche
programmi in diretta col pubblico che chiamava e faceva le sue dediche.
Inoltre, abbiamo organizzato delle feste della radio, che pubblicizzavamo nelle
trasmissioni, ma a cui pensavamo di ritrovarci in quattro gatti. Invece ogni
volta c’era il pienone. Di solito le feste si svolgevano da Ceo, dove una
pasquetta abbiamo addirittura trasmesso in diretta fuori in giardino con tutti
i villeggianti intorno, oppure in dei capannoni che ci affittavano. Ma l’evento
che forse aveva riscosso maggior successo è stata una gara di ballo che avevamo
organizzato a Nove, con primo premio una Cinquecento nuova. Allettati anche dal
ricco montepremi, accorsero in moltissimi. Quando fu ora di consegnare coppa e
premio alla coppia vincitrice, abbiamo dato loro una banconota nuova di zecca
da cinquecento lire. Subito non l’hanno presa benissimo poiché si aspettavano
l’auto, ma poi anche loro hanno riso della nostra innocente trovata
pubblicitaria per attirare più gente possibile…
Come facevate a sostenervi economicamente?
La radio si manteneva quasi
esclusivamente tramite autofinanziamento, che derivava principalmente da queste
feste. Poi c’era la pubblicità: gli sponsor comunque erano pochissimi; noi
andavamo in giro a cercarne, ma non se ne trovavano molti. La struttura della
radio poi, non permetteva di fare chissà che pubblicità: gli “spot” stessi gli
ideavamo noi, erano completamente fatti in casa. Un altro modo per fare fondi
era organizzare giochi a premio, ma i premi che i negozi ci rifilavano erano
per lo più cianfrusaglie orribili che noi stessi ci vergognavamo di mettere in
palio. Insomma, non era facile andare avanti, riuscivamo a mala pena a coprire i
costi pur essendo tutti volontari.
È per questo motivo che la radio ha chiuso?
Principalmente sì: i costi
iniziavano a diventare davvero insostenibili! E poi gli impegni scolastici o
lavorativi non ci lasciavano più molto tempo per la nostra passione radiofonica.
Che fine hanno fatto gli speaker di Radio Riviera Brenta?
Sono persone normalissime: chi ha
famiglia, chi è restato qui nella zona, chi invece si è trasferito. Nessuno
comunque è occupato nel campo radiofonico. La nostra era nata come pura
passione, come semplice desiderio di stare fra amici, non è mai stata un lavoro
o qualcosa di professionale. La radio era un punto di incontro, come oggi per
tanti giovani può essere il bar ad esempio. Spesso ci andavamo anche nei giorni
in cui non dovevamo trasmettere, soltanto per stare assieme. Per tutti noi è
stata un’esperienza splendida, che ci ha arricchito enormemente, e quando ci
ritroviamo ricordiamo sempre con piacere ed allegria, e un po’ di nostalgia, il
periodo di Radio Riviera Brenta.
grandiosi!!!!
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