E con questo siamo ad un anno. Un
anno di Fuori Luogo corso via veloce tra gli entusiasmi neo-adolescenziali del
primo numero, con l’emozione delle prime consegne casa per casa e l’attesa
delle reazioni di un paese che, per quanto ricco e amato, temevamo si rivelasse
pigro a reagire di fronte alla nostra proposta.
Poi via col secondo numero e tutti
gli altri con sempre più la certezza di lavorare ad un’idea brillante ed
apprezzata. L’attenzione che si è spostata progressivamente dall’esterno verso
l’interno a ricercare in redazione di affinare l’arte, per mostrarsi attenti
anche alla forma oltre che ai contenuti ed essere sempre più visibili,
soprattutto per rimanere utili nel rispondere ai bisogni che di volta in volta
riuscivamo a rilevare nei lettori.
E’ stato un percorso intrapreso
non da giornalisti ma da una piccola redazione di appassionati volontari che,
col tempo, ha provato a capire come guardare da giornalisti cercando di
cambiare i propri occhi, alzando il proprio punto di vista sempre più fino a
sperimentarne uno nuovo, oggettivo, non imparziale perché l’imparzialità
appartiene all’indifferenza, ma di certo interessato ed attento verso un
territorio a cui vogliamo così bene da essere sfacciati nel rivelarne le
brutture e le contraddizioni oltreché i suoi tanti tesori.
E così è stato come smontarlo un
po’ questo paese, liberarsi man mano dei legami superficiali per arrivare
all’essenza e riuscire a descrivere ciò che c’è di veramente bello e ciò che
rimane di proprio brutto.
Su tutto due cose: gli entusiasmi
e le distinzioni.
I primi sono il carburante di un
motore sociale che fermenta, scoppietta gioiosamente alimentando le rincorse
agli scopi delle proprie esistenze; le seconde ne costituiscono il limite, le
barriere artificiali che minano il perseguimento di questi obiettivi vitali.
Se gli entusiasmi si alimentano e
riproducono all’interno dei gruppi, le sempre più frequenti distinzioni
sembrano essere soltanto la scusa per creare barriere divisorie, utili soltanto
a scaricare responsabilità in caso di insuccesso e riempire frustranti mancanze
di risultati.
E’ un paese che fa ogni giorno un
po’ più fatica ad aprire le finestre al mattino per godere di ciò che riuscirà
a vedere fuori, è un paese che non conosce più il proprio vicino di casa ma
conosce benissimo ciò che accade nel mondo attraverso il proprio televisore. Le
tradizioni si trasformano da collante di una comunità a pretesto per
distinguersi da chi ne possiede di differenti.
Carmignano non è un punto nero,
siamo inseriti in un momento difficile della storia in una nazione che fatica a
trovare la propria attuale identità all’interno di questo labirinto di
modernità e, non dimentichiamoci, questo è solo il punto di vista non
imparziale di chi scrive questo giornale oppure, vedetela come vi pare, può
semplicemente diventare il pretesto per dimostrarsi differenti da come possiamo
sembrare.
Nessun commento:
Posta un commento