di Roberto Pivato
Sándor Szűcs (Szolnok, 23/11/21 - Budapest, 04/06/51) era un eccellente
difensore dell'Újpest, e prima ancora della squadra del suo paese natale. Giocò
con grandi campioni, quali Ferenc Szusza e Gyula Zsengellér, e disputò anche
diciannove gare con la nazionale, al fianco di mostri sacri come Ferenc Puskás,
József Bozsik, Ferenc Deák, György Sárosi... tutta gente che dette vita al mito
dell'Aranycsapat. Lui però nella “Squadra d’oro” non poté giocare. Infatti era
stato ammazzato prima, il 4 giugno del '51. In Ungheria il regime comunista
sale al potere nel '49, con tutta la sua crudeltà e le sue profonde ingerenze
in ogni ambito della vita. Non c’è sfera che sfugga al controllo degli organi
del governo di Mátyás Rákosi, il famigerato e spietato segretario del Partito
Comunista Ungherese, uno che aveva inventato la “tattica del salame”, cioè
l’eliminazione “fetta a fetta” degli oppositori. Ad occuparsi
dell’individuazione, della cattura e dell’esecuzione dei dissidenti era l’AVO[1],
la temutissima polizia segreta. Szűcs è famoso e sposato con figli. Quando
inizia una relazione amorosa con la cantante e attrice Elizabeth Kovacs, nota
come Erzsi e pure lei coniugata, la cosa non può sfuggire al regime. E non può
essere che condannata da esso.
Elizabeth Kovacs - Erzsi |
Partono le prime minacce che si trasformano ben
presto in imperativo: la relazione deve essere troncata. In caso contrario non
c’è bisogno di spiegare le conseguenze. Szűcs non è disposto a rinunciare alla
sua libertà, alla sua felicità; non può sottomettere i propri sentimenti al
volere dispotico dello stato. Così programma la fuga all'estero, a Torino, dove
spera di trovare un ingaggio presso la locale squadra di calcio granata. Il
piano è quello di attraversare il confine con la Jugoslavia, grazie all’aiuto
dei contrabbandieri. È l’unico modo, visto che le frontiere sono rigidamente
controllate dalla polizia.
Il 6 marzo i due innamorati partono. Sándor porta
con sé una pistola e le ultime, poche speranze di libertà. Vengono arrestati e
subito condotti alla tristemente celebre “Casa del Terrore” dell'AVO.
La "Casa del terrore" dell'AVO, oggi museo. |
Dopo mesi
di prigionia e torture arriva la sentenza: condanna a morte per alto tradimento
per lui, quattro anni di prigionia e cinque di astensione dall’attività
pubblica per lei. Il piano del regime era quello di mostrare agli altri
calciatori famosi cosa sarebbe successo loro se avessero tentato di emigrare.
Ed è un piano che funzionò, visto che nessun altro tentò la fuga. La morte di
Szűcs, avvenuta per impiccagione il 4 giugno 1951, venne tenuta nascosta fino
al 1989, anno della caduta del comunismo. La stessa Erzsi, in carcere, non
conobbe la sorte dell’innamorato fino al 1954. Tutti avevano dimenticato quel
difensore della formazione della polizia della capitale. Quando si seppe la sconcertante
verità, tuttavia, Sándor divenne un simbolo di dissidenza e il suo nome, nella
nazione magiara, è ancora tristemente legato a quello dell'unico martire del
calcio.
[1]
L’Államvédelmi Hátósag (letteralmente Autorità
per la Protezione dello Stato, abbreviata a volte in AVH) fu attiva dal
1945 al 1956 e aveva il suo quartier generale a Budapest, al 60 di Andrássy út.
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