lunedì 1 marzo 2010

L'EDITORIALE




Negli ultimi tempi una costante invocazione è scaturita da più parti: abbassare i toni. Che i toni siano infuocati in molti ambiti è sotto gli occhi e nelle orecchie di tutti. In politica si fa costantemente ricorso alla violenza verbale: si sente parlare di clima d’odio e di campagna dell’odio, se si è messi in discussione, o accusati di qualche misfatto, ci si difende tirando in ballo il fatto di essere vittime di un complotto, oppure indicando un accanimento nei propri confronti. Ai propri avversari si attribuiscono affettuosi appellativi quali: diavolo, talebano e altre carinerie simili. 
Nello sport, e nel calcio in particolar modo, non passa giorno senza che qualcuno parli di ingiustizie o di torti subiti e chieda a gran voce maggior rispetto per lui o per la propria squadra, spesso dimenticando che, non più di sette giorni prima, qualcun altro (magari proprio l’avversario di turno), aveva espresso le stesse rimostranze. Questo solo per fare alcuni esempi.
E allora tutti pronti a dire che bisogna abbassare i toni. Ma abbassare i toni non fa comodo a nessuno: la legge della comunicazione di massa sembra quella del chi grida di più ha ragione. Tra tante voci, se si vuole riuscire a far sentire la propria (e ottenere qualche vantaggio), bisogna urlare più forte degli altri e usare parole forti per richiamare l’attenzione. Guai ad abbassare i toni! Usare toni bassi comporta il rischio di dover dire qualcosa e implica la richiesta di un ascolto attento, di una riflessione su quel che viene detto. E ciò, a costo di sembrare cosa intelligente o quantomeno sensata, è prima di tutto pericoloso, poiché può smascherare il vuoto che si nasconde dietro ciò che viene urlato. 
La parola adoperata come strumento di confronto e non di aggressione, di critica e non di distruzione, di dialogo e non di violenza, di testimonianza e non di mistificazione o persuasione: questo tipo di parola è alquanto fuori moda attualmente. È questa parola, tuttavia, che Fuori Luogo vuol fare propria. È la parola chiara e comprensibile, ma non banale e scontata; è il suono di una voce forte e decisa, ma rispettosa delle altre voci e aperta ad esse.

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