di Roberto Pivato
Ad un certo punto un giocatore alto e magro, coi capelli lunghi e
l'incedere ondeggiante prende palla, dribbla tutta la difesa, mette a sedere
anche il portiere... è sulla linea di porta, può tranquillamente calciare e
invece cosa fa? Si gira e torna indietro. Tutti tirano un sospiro di sollievo.
Sì, perchè la porta era quella della sua squadra, così come i calciatori
dribblati erano i suoi compagni.
Questo celebre episodio è quanto di meglio per
descrivere il calciatore in questione: Ezio Vendrame (Casarsa della Delizia,
21/11/47), il classico esempio di genio (quasi mai veramente manifestato) e
sregolatezza (ampiamente documentata). La partita in questione era
Padova-Cremonese, serie C 1976/77: Vendrame giocava coi bianco-scudati e il suo
gesto fu una ribellione contro la combine tra le due formazioni. Così come
quella volta, sempre coi veneti e nella medesima stagione, che inizialmente
accettò un lauto premio dall'Udinese per giocare male, ma poi, fischiato dai
suoi ex tifosi, decise di non rispettare il patto sfoderando una grande
prestazione condita da due reti (una direttamente da calcio d'angolo,
promettendo ai tifosi il gol prima ancora di calciare). Il Padova vinse e lui
se ne tornò a casa con 44000 lire (premio partita dei veneti), anzichè 7 milioni
(cioè quanto promessogli dai bianco-neri).
Questo era Vendrame: uno con poca
voglia di faticare, che non soffriva il professionismo esasperato del calcio,
innamorato delle donne e dei bagordi, discontinuo e continuamente sballottato
da una squadra all'altra. Ma anche un uomo col rispetto dei veri valori
sportivi e del pubblico che andava a vederlo e che, infatti, lo amava. Finita
la carriera mai completamente amata del calciatore, si dedicò brevemente a
quella di allenatore, prima di mettersi a scrivere e raccontare la sua storia
in alcuni libri (di cui il più famoso resta "Se mi mandi in tribuna,
godo"). Alcuni lo chiamavano il "George Best italiano", altri lo
paragonavano a Mario Kempes. Oggi certamente tutti lo metterebbero accanto a
Balotelli. Niente di tutto questo. E poi il suo idolo era Gianni Rivera, tanto
che quando gli fece un tunnel a San Siro gli chiese scusa per l'umiliazione.
Questo era Ezio Vendrame: uno che i deboli di cuore (parole sue) non dovevano
andare a vedere.